Forlì, 20 settembre 2024 – Ponti e monti sembrano stare in piedi per miracolo. Ma il vero miracolo qui a Modigliana è stare in piedi. “Alle otto di ieri sera qui si vedeva l’acqua del Tramazzo salire, salire, salire… Ribolliva tutto. Non s’è mai visto una roba così…”, bisbiglia ancora smarrita Mirella.
Sandro invece abita a pochi passi dal parapetto sul fiume, di fronte alla Tribuna, che è una porta d’accesso del 1726, a semicerchio, che poi, salendo la via di fronte, conduce alla Rocca dei Conti Guidi (la Roccaccia), simbolo cittadino. Tra la porta e la piazza, c’è un ponte che conduce all’altra fetta di centro storico. Un trattino di cinque metri di antica arenaria che adesso tutti chiamano il “ponte del miracolo”. Lì mercoledì sera il fiume Tramazzo ribolliva. “L’acqua era sul filo del parapetto… E dire che fino alle 18 di mercoledì era tutto tranquillo… Poi è scoppiato l’inferno… Siamo scappati tutti. Il paese stava affondando. Sembrava questo. Pensavamo tutti che sarebbe stata l’ultima sera… Poi la piena s’è fermata e via via ritirata... Sì siamo dei miracolati” sussurra Antonio che è ancora scosso, trattiene le lacrime e se ne va.
Ora siamo in piazza don Minzoni, dall’altra parte del ponte. Sandro ha girato col telefonino una delle tante immagini poi divulgate immediatamente nel mondo del web, sempre mercoledì sera. Immagini che hanno fatto pensare a tutti: domani quel paese non esisterà più. E invece, per miracolo, per fortuna, per la gioia e l’incredulità di tutti, il paese è in piedi. Gli abitanti, tutti illesi. Solo qualcuno ha preferito passare la notte nell’ex convento delle suore: “Ma solo per paura, per precauzione. Di abitazioni private inagibili non ce ne sono”, assicura il sindaco Jader Dardi. Allagamenti si annotano in qualche cantina e alcuni garage. Jader gira in paese col suo solito ingrigito crine leonino e il fiero passo del messia, del fratellone rassicurante, del padre amorevole. Lo abbracciano. “Rosa allora!” esclama Jader. Come dire: ce l’abbiamo fatta, siamo ancora qui.
È lui, Jader, ad annunciare a tutto il mondo del web, mercoledì sera: “Il nostro fiume è esploso”. Le immagini lo testimoniavano. Da tablet, pc e telefonini l’acqua sembra aver strozzato il paese. Quella sentenza emozionale del sindaco calamita l’attenzione dei social. Che ne sarà di Modigliana, a venti chilometri dal crinale appenninico toscano, patria di Silvestro Lega e don Giovanni Verità? È rimasto in piedi. Un miracolo? “Ah sì!”, geme Antonietta, detta Etta. “Era impressionante. Non c’era più il parapetto. Eravamo certi del peggio. Mai vista una cosa del genere. E invece… sì un miracolo…” sospira Etta, in mezzo al ponte della Tribuna.
Anche Rita della panetteria quasi non ci crede: “Davvero era impressionante vedere il nostro fiume così… Me ne sono andata terrorizzata…”. Riattraversiamo il ponte della Tribuna. In via don Minzoni, sul parapetto, sorge una loggetta che dà sul fiume. Adesso è un pellegrinaggio degli abitanti. Uomini, ragazzi, donne, mamme con figli in carrozzina o per mano, s’infilano sotto la loggetta e osservano il fiume, tornato al suo alveo, sia pure ancora fragoroso e cencioso per la terra che ha dovuto sopportare. Lo scrutano. Un rito di passato pericolo. Che fanno tutti. Tenendosi per mano.
Ma al bar Del Corso, di fianco al Municipio, c’è chi non la manda giù questa situazione allerta perenne, rossa gialla o arancione che sia. “I politici... sono tutti capaci di fare le interviste, ma per fare i lavori, nessuno è capace. Sono passati 16 mesi e qui non abbiamo ancora una strada che sia in sicurezza per entrare ed uscire dal paese. Il ponte di Ca’ Stronchino è fuori uso e nessuno sa quando verrà ripristinato. La Provinciale? Nessuno ci ha messo ancora le mani. Abbiamo un’unica corsia disastrata… Qui fan passerella tutti... il presidente della Repubblica, la Meloni, Figliuolo, Bonaccini… Però s’è visto qualcosa? Promesse promesse promesse ma siamo ancora senza strada…” si sfoga Ermanno Frassineti. Giovanni Biondi gli dà corda: “Io la strada me la sono messa a posto da solo col trattore… Dove li hanno messi i soldi per mettere a posto le strade?”.
Dopo il miracolo, i disagi. Il più grave, anzi gravissimo: il paese è senza acqua corrente. Nelle case, rubinetti secchi. L’impeto delle acque del Tramazzo ha innescato la rottura della condotta principale dell’acqua, a monte, al Campatello. In paese ci sono quattro autobotti da 10mila litri l’una. La gente fa la fila con le lattine. “Un disastro, un disastro...” prorompe sconsolato Maurizio Marchi. Hera è stata allertata. Il sindaco Jader è fiducioso che i tempi di ripristino dell’acquedotto siano rapidi: “Spero proprio che a stretto giro di posta l’acqua torni nelle case” si auspica. Guasti anche alla rete fognaria.
E i danni campeggiano soprattutto nell’area artigianale, sotto il paese, poco dopo l’intersezione fatale dei fiumi della vallata: Acerreta, Tramazzo e Ibola. Da lì in poi il fiume diventa Marzeno, e corre verso Faenza, innestandosi col Lamone. Quello snodo è stato un detonatore. Il fiume è esploso, stavolta esondando. Allagando le aziende, una decina. Ora tutti sono lì intenti a pulire, anche con l’aiuto dei vigili del fuoco e della protezione civile, ausiliati dai pompieri giunti nella notte da Tione di Trento. Fango, melma, ovunque. Una strada di collegamento è stata strappata via dai denti del fiume impazzito, creando una voragine da paura. L’acqua ha allagato i campi dall’altra riva. S’è alzata di sei, sette metri. Tutti spalano. Quando e come riapriranno le aziende? Quando si uscirà da questo incubo chiamato maltempo? Servirà un altro miracolo in questo paese di miracolati?