Licenziato per un dolce, una zeppola. Destinatario del provvedimento, un dipendente di ’Afv Logistica’, ditta che gestisce un magazzino di Coop Alleanza 3.0 di Forlì. La versione dei fatti racconta che l’uomo sarebbe stato trovato "con una zeppola in mano, prelevata da una scatola già aperta che era situata nel bancale dei resi, zona che il lavoratore aveva il compito di riordinare. La zeppola è stata immediatamente rimessa a posto".
La ricostruzione è dei sindacati Cgil e Cisl, organizzatori di uno sciopero che ieri ha visto l’adesione del 99% dei dipendenti del gruppo, che in mattinata hanno preso parte anche a un picchetto di fronte all’azienda. "In un magazzino dove si movimentano alimenti – si legge nella nota sindacale – è diventato reato avere un alimento in mano per poi riporlo. Il licenziamento è stato comminato per un presunto reato di appropriazione indebita/furto, non chiaramente qualificato o sostenuto da prove o sussistenza di reato, ma da mere supposizioni".
"La situazione descritta è davvero preoccupante – commentano Mirela Koroveshi di Filcams Cgil e Matteo Fabbri di Fisascat Cisl –. Licenziare un dipendente sulla base di supposizioni non solo è ingiusto ma crea anche un clima di paura e insicurezza". L’adesione massiccia allo sciopero da parte dei dipendenti non rappresenta quindi solo un segno di solidarietà nei confronti del collega liquidato dall’azienda, ma anche un’azione di tutela personale, nel timore che un fatto analogo possa, in futuro, capitare anche a loro. "La mobilitazione dei lavoratori – vanno avanti i sindacalisti – è un segnale di unità e resistenza. La difesa dei diritti dei lavoratori è fondamentale. Lo sciopero e il presidio sono un modo per ribadire questi principi e per chiedere giustizia in questo caso specifico, ma anche per sensibilizzare su una problematica più ampia".
Un caso simile era accaduto lo scorso luglio in un magazzino di Pievesestina, a Cesena: un dipendente aveva ricevuto il benservito per essere stato sorpreso a mangiare una merendina presa da quelle scartate, perché giudicate invendibili.
Sofia Nardi