Omicidio di Civitella, l’avvocata sfida la pm: “Cercate un colpevole, non la verità”

La legale di Daniele Severi per il quale la procura aveva chiesto l’ergastolo lunedì scorso, si scaglia contro i metodi di indagine della procura: "L’imputato vittima di interrogatori estorsivi"

Delitto di Civitella: nel tondo la vittima Franco Severi e a destra il fratello Daniele con il difensore avvocatessa Maria Antonietta Corsetti

Delitto di Civitella: nel tondo la vittima Franco Severi e a destra il fratello Daniele con il difensore avvocatessa Maria Antonietta Corsetti

Forlì, 20 maggio 2024 – L’avvocata e la piemme, una sfida a due. Maria Antonietta Corsetti la mette sul duello con Federica Messina, pubblico ministero del caso Severi, che lunedì scorso aveva chiesto l’ergastolo per l’imputato Daniele Severi.

Corsetti cerca di catalizzare soprattutto la giuria popolare. "Mi rivolgo a voi...". Sa bene che i due togati possono essere impermeabili a certe strategie. Così Corsetti estrae dal suo corredo dialettico il sostantivo "sospetto" (che però può funzionare anche come aggettivo).

"Qui signori giudici non siamo neanche di fronte a degli indizi, ma a dei sospetti. Il sospetto è una categoria perversa del pensiero. È una presunzione di colpevolezza che va contro al principio costituzionale di presunzione di innocenza.

Eppure solo sui sospetti è lievitata l’accusa" scandisce Corsetti virando il capo verso la pm Messina. "Spiace dirlo, ma il metodo seguito nelle indagini dagli inquirenti è stato attuato solo per cercare un colpevole, non per rintracciare la verità. Qui siamo ben distanti dalla verità. Anche da quella scientifica.

Questo metodo d’indagine della procura ha contaminato e infestato tutta la vicenda", rimarca Corsetti sempre focalizzando nel mirino la pm Messina. La quale, dopo un primo gesto di stizza, resterà poi sempre impassabile. Sospetto si tramuta quindi in aggettivo: nell’ottica di Corsetti l’intera indagine sarebbe sospetta, "in quanto Daniele fin da subito viene preso di mira come unico colpevole".

Un concetto reiterato rispetto all’intervento del collega Pompignoli, ma che poi viene subito addizionato da un parallelismo che nelle intenzioni di Corsetti vuole essere suadente per i giudici popolari; il raffronto è quello con uno dei casi più fragorosi della cronaca giudiziaria dell’ultimo trentennio: l’uccisione di Marta Russo, studentessa 22enne uccisa il 9 maggio 1997 mentre passeggiava in uno dei viali dell’università Sapienza di Roma. "Come in quel caso, qui c’è stata solo la volontà di trovare un capro espiatorio. E Daniele è un perfetto capo espiatorio. Lo è stato sempre anche per i suoi fratelli, specie per Milena e Romano".

Per Corsetti il delitto Marta Russo s’attaglierebbe all’assassinio del povero Franco Severi "per la procedura usata negli interrogatori, qui di Daniele, là due due indagati... Un’estorsione continua della presunta verità, attraverso frasi tipo ’confessa ti conviene, altrimenti perdi per sempre ciò che ti è di più caro’.

Siamo cioè di fronte a una specie di ’inconscio inquisitorio’ del vecchio codice Rocco... D’altronde io stessa dopo un interrogatorio a Daniele venni avvicinata da un carabiniere che mi disse: "’Avvocato, lei avrebbe dovuto farlo confessare’. Ma come s’è permesso?". Corsetti non placa il suo flusso verso la pm: "Lei ha rovesciato la prospettiva, manipolato gli indizi. Si è prima creato un colpevole e poi si sono analizzate le ipotesi, ribaltando la strada del giusto processo", snocciola l’avvocata sempre con lo sguardo sulla linea d’aggancio di Messina. "Tra l’altro, l’accusa a un certo punto, siccome il movente economico risulta indebolito, appaia questo omicidio a un femminicidio, definendolo un ’delitto complesso’. Tutte storture. Non ci sono prove. Per questo chiedo l’assoluzione".

ma. bur.