Forlì, 17 settembre 2024 – C’è una data già circolettata in rosso nelle loro agende del prossimo anno: è quella del 14 gennaio, il giorno in cui è convocata a Macerata la prima udienza del procedimento processuale che li vedrà, sembra davvero strano a dirsi dopo oltre vent’anni vissuti praticamente sempre in perfetta sinergia, uno contro l’altro. Quell’udienza entrambi vorrebbero risparmiarsela, la condivisione fra di loro fino all’anno scorso è stata assoluta, ma al momento la contrapposizione fra Sauro Moretti e Vittorio Sgarbi c’è e il processo sarà inevitabile se non interverrà un accordo, che i loro legali comunque stanno cercando.
La causa è di lavoro ed è dovuta all’improvvisa interruzione del rapporto professionale lamentata dal primo, appunto Moretti, che nel nuovo millennio è stato la spalla destra del celebre critico d’arte e politico: un licenziamento vero e proprio, per il forlivese, avvenuto con tanto di lettera datata 12 giugno 2024; la semplice chiusura di un rapporto di collaborazione, per quanto stretto, per il ferrarese.
Moretti in particolare, buste paga alla mano, lamenta in questo procedimento il mancato pagamento di stipendi, relativi alla seconda parte del 2023 (da giugno a dicembre), pari a 21mila di euro, ma poi ci sarebbero anche le mensilità successive. "Francamente, mi è dispiaciuto molto dover ricorrere al giudice – premette subito il forlivese, mettendo da parte la sua consueta anima allegra e scanzonata, oscurata stavolta da un evidente moto di emozione –: dopo tutti questi anni vissuti così a stretto contatto non avrei mai voluto. Vittorio ha sempre, anche adesso, tutta la mia stima e il mio affetto, lui è uno di quei fuoriclasse che nascono ogni cent’anni. Quei salari però sono frutto del mio rapporto di lavoro a tempo indeterminato con lui e viste le buste paga – Sauro le ha tutte con sé, in fila, archiviate sullo smartphone – ci devo pure pagare le tasse, soldi che devo dare allo Stato senza averli mai ricevuti. Non avrei fatto nulla del genere – ribadisce – se non fossi sicuro delle mie ragioni, anzi il mio avvocato Matteo Pavanetto di Forlì ha subito cercato coi suoi legali di trovare almeno un’intesa".
Tentativo finora vano, se si è arrivati alla fissazione dell’udienza davanti al giudice e, ancor prima, a un decreto ingiuntivo nel febbraio di quest’anno con 31 richieste di pignoramenti di beni presso terzi (fra cui persino Rai e Mediaset). "Certo, vorrei essere tuttora al suo fianco, sono stati anni bellissimi in contesti importanti. Ora però – torna scherzoso – mi sto abituando all’inconsueta condizione di disoccupato".
In realtà Moretti, che notoriamente non sa stare con le mani in mano, si sta occupando della Fondazione Revert Onlus, in campo contro le malattie neurodegenerative ("è un po’ un ritorno al passato, quando ero assistente sanitario del Sert") e intrattiene anche un rapporto con l’agenzia forlivese di comunicazione PubliOne.
E Vittorio Sgarbi? Il suo tono di voce, alla richiesta di fornire il suo punto di vista sulla questione, è pacato ma deciso: "Sauro ha inteso intraprendere la strada della denuncia e ci sono rimasto molto male – sottolinea subito –, visto il nostro rapporto per così tanto tempo. Quando ho saputo della causa ho persino pensato: ma siamo su ‘Scherzi a parte?’". Sulla questione ‘contrattuale’ poi ribatte: "Sono sorpreso che la intenda così, anche perché è sempre stato chiaro che ha lavorato con me come a livello autonomo, in qualità in pratica di agente, e in totale libertà. I pagamenti e la lettera di licenziamento? Sono modalità di cui non mi occupo io, ma la mia organizzazione. Per me lui è sempre stato al mio fianco con un impegno personale e indipendente. Sono amareggiato che siamo arrivati a questo punto, fra di noi c’era un rapporto di condivisione e totale fiducia".
Anche Sgarbi è quindi dispiaciuto che il loro ‘matrimonio’ sia andato a finire così. Ma chissà: come canta Venditti, ‘certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano’. Che alla fine sia anche questo il caso? Del resto lo stesso Moretti ama ricordare la storiella con cui Sgarbi, citando il grande scrittore Borges, chiude il suo spettacolo ‘Caravaggio’; ovvero, Caino e Abele si incontrano dopo tanto tempo e uno dice: "Riusciremo a perdonarci?". E l’altro: "Non ricordo, sono io che ho ucciso te o tu che hai ucciso me?".