Una nuova avventura per Marco Lijoi, 35 anni, l’atleta ipovedente pioniere in città del nuoto paralimpico e presidente della sezione cittadina dell’Uici, Unione italiana ciechi e ipovedenti. Questa volta la sua impresa scava nel suo stesso passato, quello di bambino adottato, 30 anni fa in Calabria. E ha ritrovato dopo anni un fratello e una sorella che sembrava aver perso per sempre.
"Circa ð 0543.30518; email: abbracciandovi@gmail.com).
"È rivolto – spiega l’ideatore e referente dell’iniziativa – principalmente ai figli e alle figlie adottate perché in caso di problemi non vadano solo dagli assistenti sociali, magari per il timore di essere nuovamente abbandonati e si possano invece rivolgere a qualcuno senza sopportare in silenzio dolore e frustrazione. Lo facciamo per tre ragioni: in primo luogo per far approcciare le persone al mondo delle adozioni, in secondo luogo per sensibilizzare su un tema di cui si parla molto poco e, terzo, per puntare l’attenzione sui bisogni e sui desideri dei figli adottati". Quei figli hanno comunque un passato, anche se le loro famiglie d’origine pare che non esistano più: "A meno che non siano stati dati in adozione a pochi mesi, hanno ricordi e un vissuto fatto di esperienze e sensazioni che ovviamente non si possono cancellare e che le famiglie adottive, forse per gelosia o forse per proteggere i figli, tendono a voler cancellare. Poi spesso succede che i ragazzi e le ragazze adottate comincino a farsi delle domande e quindi il castello di sabbia costruito in buona fede dai nuovi genitori tende e sgretolarsi".
A questo punto subentra ‘Abbracciandovi’: "Ovviamente rispettiamo l’anonimato dei ragazzi che potranno rivolgersi a noi – prosegue Ljioi – né ci vogliamo sostituire a giudici o assistenti sociali. Vorremmo solamente aiutare quegli adolescenti che a un certo punto della loro vita decidono di mettersi alla ricerca della loro famiglia biologica, senza per questo far venire meno l’affetto e l’amore vero della coppia che li ha adottati. Con il supporto del dottor Spada e di altri psicologi potremmo indirizzarli al Tribunale dei minori supportandoli nell’accesso al loro fascicolo e preparandoli a fronte di un eventuale diniego. Sia chiaro: non chiameremo i carabinieri per togliere i figli a nessuno, né li aiuteremo a scappare di casa, ma vogliamo ascoltarli e aiutarli nelle loro paure, nelle loro ansie e nelle loro comprensibili difficili battaglie. Vogliamo solo ascoltarli e accompagnarli in un percorso di serena ricerca delle rispettive famiglie biologiche".
Un domani, nelle intenzioni di Marco Ljioi ci sarebbe un altro passo da compiere: "In base anche a come sarà la risposta a questo tipo di servizio, vorremmo creare gruppi d’incontro fra ragazzi e ragazze adottate in modo tale che, senza sentirsi gli unici a vivere certe esperienze, possano parlare liberamente con altri nelle loro stesse condizioni".