
Simone Cristicchi veste sia i panni di San Francesco, sia quelli di Cencio
Il Teatro Fabbri ha ospitato il 12 e 13 aprile ’Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli’, di e con Simone Cristicchi, scritto con Simona Orlando, con canzoni inedite di Cristicchi e Amara. Lo spettacolo propone una nuova visione di San Francesco, raccontato qui come un uomo che da ricco sceglie di diventare povero, vivendo alla lettera il Vangelo. La scenografia è semplice ma evocativa, con un effetto quasi ’cartonato’ che richiama il 1200.
Ma quindi, chi è Franciscus? Un folle? Un matto? O forse solo un uomo profondamente innamorato della vita, tanto da rinunciare a tutto per viverla davvero? La scena si apre nel buio e nella foschia. Una voce si sente: è Cencio, che parla in volgare. Insieme a lui, un narratore moderno – entrambi interpretati da Cristicchi – accompagna lo spettatore, alternando registri diversi ma sempre coinvolgenti. Il pubblico partecipa con attenzione, seguendo un racconto che, pur ambientato nel Medioevo, risulta attualissimo. Tra gli episodi più intensi, quello in cui Francesco riesce ad aiutare un lebbroso, superando una delle sue più grandi paure. Cencio, che all’inizio lo definisce un folle, alla fine racconta il funerale del santo con commozione: uomini e animali, ricchi e poveri, tutti uniti, persino l’agnello e il lupo. Negli ultimi giorni della sua vita, Francesco detta un testo in volgare in cui loda ogni creatura, persino la morte. Lo spettacolo si chiude con un’alba dietro un albero: simbolo di rinascita, forse di un nuovo mondo.
Mi ha commossa la scelta di Francesco: diventare povero per apprezzare davvero ciò che gli viene offerto. Nulla si può possedere, solo ciò che viene donato o dato in prestito si può avere.
Atena Zaccaroni