ALESSANDRO RONDONI
Cronaca

La Via Crucis contro tutte le guerre. Omaggio ai giovani uccisi nel 1944. E messaggio del parroco di Gaza

Una delle stazioni lungo il perimetro della Ripa: lì 5 ragazzi furono fucilati perché renitenti alla leva. L’incontro con gli ortodossi. Padre Romanelli: "Vogliamo la pace, non è impossibile".

Una delle stazioni lungo il perimetro della Ripa: lì 5 ragazzi furono fucilati perché renitenti alla leva. L’incontro con gli ortodossi. Padre Romanelli: "Vogliamo la pace, non è impossibile".

Una delle stazioni lungo il perimetro della Ripa: lì 5 ragazzi furono fucilati perché renitenti alla leva. L’incontro con gli ortodossi. Padre Romanelli: "Vogliamo la pace, non è impossibile".

"La croce di Cristo è segno di speranza e di pace nel mondo lacerato dalla guerra". Così il vescovo, mons. Livio Corazza, ha pregato venerdì durante la Via Crucis cittadina che ha guidato per le vie del centro storico, alla quale hanno partecipato centinaia di persone. Durante l’anno del Giubileo dedicato proprio alla speranza, il pensiero è stato rivolto alle "sofferenze di chi vive nei territori dilaniati dai conflitti ma anche agli spiragli di luce visibili fra le macerie".

La processione è partita dalla chiesa della Santissima Trinità, dove è giunta anche la processione ortodossa partita dalla chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, in via Albicini, guidata da padre Hanis Florin, parroco della comunità romena ortodossa: un gesto di auguri e di fraternità, nel segno della pace e dell’ecumenismo (quest’anno la Pasqua coincide con quella dei cattolici).

La Via Crucis si è poi avviata, con la croce affiancata dalle fiaccole, seguita dal vescovo, il coro, i lettori e i fedeli. La processione ha fatto la prima sosta davanti all’epigrafe dei martiri di via della Ripa, dove è collocata la targa in memoria di Dino e Tonino Degli Esposti, Massimo Fantini, Agostino Lotti e Giovanni Valgiusti, i cinque giovani tra i 19 e i 22 anni fucilati il 24 marzo 1944 per essere stati considerati renitenti alla chiamata alle armi, nella città ancora nelle mani dei nazifasciti. Qui lo storico Paolo Poponessi ha letto la meditazione, ricordando che "in guerra non c’è niente di umano, tutto è perduto". Una stazione che ha così rievocato, nei giorni vicini agli ottant’anni dalla Liberazione, anche il dramma della Seconda guerra mondiale.

La tappa successiva è stata nel cortile della scuola ‘Don Oreste Benzi’, in via Episcopio Vecchio, dove sono state lette le toccanti parole sulla situazione dei cristiani a Gaza del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini: "Gaza è distrutta, tutto è distrutto ma non gli abitanti. Non sono in ginocchio, sono vivi, per me questo è un segno di speranza. Visitando la piccola comunità cristiana di Gaza non ho sentito dalla bocca dei cristiani una sola parola di rabbia. Tutto intorno è distrutto ma loro non lo sono". Il corteo si è poi fermato sul sagrato della chiesa di San Biagio, dove ad accoglierlo c’erano le suore Clarisse. Una di loro ha letto la testimonianza di padre Bahjat Elia, parroco della comunità cattolica latina di Aleppo, in Siria.

L’ultima sosta, prima dell’ingresso in Cattedrale, è stata davanti al monastero del Corpus Domini, che oggi ospita profughi di guerra. A leggere la testimonianza è stato un operatore della Caritas, interprete presso un centro di accoglienza di ucraini scappati dalle bombe: "Madri e padri, figli e figlie, sorelle e fratelli che, da un giorno all’altro, per l’avidità dei potenti, hanno perso la casa, il lavoro, le certezze, i ricordi. Ma non erano soli. C’erano mani che li hanno accolti, parole che hanno provato a consolare. E nei loro occhi, anche in quelli più offuscati dalla paura, dalla rabbia, dallo sconforto e talvolta dalla disperazione più nera, ho sempre visto un bagliore, un piccolo fuoco che non si spegneva: era la speranza. La guerra distrugge ma l’amore ricostruisce".

La Via Crucis si è quindi conclusa in Cattedrale dove, dopo la lettura del brano del vangelo di Marco sulla morte di Gesù, mons. Corazza ha fatto ascoltare le parole di un videomessaggio di padre Gabriel Romanelli, argentino, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza. "Si può ancora sperare, anche se è molto difficile. Le persone sono nell’angoscia, non si vede un segno chiaro di quando finirà e come. Noi continuiamo a servire tutti, qui siamo circa cinquecento rifugiati. Pregate per noi perché perseveriamo nella fede, nella speranza e nella carità cristiana. Vogliamo la pace, e la pace non è impossibile. Bisogna convincere tutti i responsabili affinché questa guerra finisca".

Mons. Corazza ha poi invitato i fedeli a recitare insieme la preghiera per la pace, il cui testo era stato distribuito all’ingresso in Duomo. Al termine della benedizione si è fermato ad adorare la croce, e così hanno fatto dopo di lui le tante persone presenti in Cattedrale lasciando anche offerte da destinare ai cristiani in Terra Santa.

Alessandro Rondoni