REDAZIONE FORLÌ

La scoperta rivoluzionaria. Il Tecnopolo va ancora a segno: nessun oceano di magma su ’Io’

I ricercatori del Campus di Forlì, in collaborazione con i colleghi della Nasa e di altri istituti, hanno ribaltato una convinzione relativa al satellite di Giove: sotto la superficie c’è un mantello quasi solido.

Da sinistra Edoardo Gramigna, Paolo Tortora, Andrea Magnanini, Marco Zannoni e Riccardo Lasagni Manghi

Da sinistra Edoardo Gramigna, Paolo Tortora, Andrea Magnanini, Marco Zannoni e Riccardo Lasagni Manghi

Il Tecnopolo di Forlì continua a brillare nella ricerca sui misteri dello spazio: l’ultima scoperta – messa a segno dai ricercatori del Laboratorio di radio scienza ed esplorazione planetaria, guidato dal docente UniBo Paolo Tortora – è stata già definita ‘rivoluzionaria’ dalla comunità scientifica.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista ‘Nature’, dimostra infatti che, sotto la superficie di Io – il terzo satellite di Giove per grandezza – non c’è un oceano di magma liquido, come si era pensato finora, ma un mantello quasi solido.

Lo studio è stato condotto dai ricercatori del Campus di Forlì in collaborazione con i colleghi della Nasa e di altri istituti coinvolti nella missione Juno. L’analisi si è basata sia sui dati storici della missione Galileo, che su quelli emersi da due recenti sorvoli ravvicinati della missione Juno, insieme a una serie di osservazioni astrometriche.

"I due sorvoli ravvicinati di Io sono stati progettati come parte della missione estesa di Juno, proprio per determinare se, su questo satellite, esistesse un oceano globale di magma – spiega Marco Zannoni, professore al dipartimento di Ingegneria industriale dell’università di Bologna –. I risultati ottenuti dimostrano che non è così: la scoperta non solo rivoluziona la comprensione della struttura interna di Io, ma offre nuovi spunti per interpretare l’evoluzione geologica di alcuni corpi celesti". Simile alla nostra Luna per dimensioni e massa, Io è un satellite unico nel sistema di Giove grazie alla sua intensa attività vulcanica, che lo rende l’oggetto geologicamente più attivo del sistema solare.

Questo fenomeno è alimentato dall’enorme attrazione gravitazionale di Giove lungo l’orbita eccentrica di Io. Per decenni si è creduto che l’influsso di Giove fosse sufficiente a "sciogliere" l’interno di Io, creando così un oceano di magma sotto la sua superficie. Una teoria, questa, che trovava riscontro nelle osservazioni realizzate della missione Galileo, la sonda della Nasa che – tra il 1995 e il 2003 – ha esplorato il sistema di Giove.

I dati raccolti da Galileo avevano suggerito la presenza di un oceano di magma su Io. A ribaltare questo scenario sono, ora, le nuove osservazioni realizzate da Juno, la sonda della Nasa che, sostituendo Galileo, esplora dal 2016 Giove e le sue lune. Juno ha sorvolato per due volte Io, a circa 1.500 chilometri di altitudine, raccogliendo dati molto più precisi di quelli raccolti da Galileo. Secondo tali rilevazioni, l’ipotizzato oceano di magma globale non esiste.

Al contrario, le stime sono coerenti con la presenza di un mantello quasi solido sotto la superficie. Allo studio hanno partecipato, per l’ateneo bolognese, Luis Gomez Casajus, Marco Zannoni, Andrea Magnanini e Paolo Tortora. Le attività di ricerca, finanziate dall’Asi-Agenzia spaziale italiana, sono state realizzate al Tecnopolo forlivese, dove operano il Centro di ricerca aerospaziale e il Dipartimento di Ingegneria industriale.

Maddalena De Franchis