La chiusa, ferita aperta. Alluvione: 16 mesi dopo il Montone fa ancora paura

Valmori (comitato dei Romiti): "Quando verrà rifatta l’opera distrutta dalle acque?". I candidati di Pci e Rifondazione alle Regionali in sopralluogo: "Un disastro".

La chiusa, ferita aperta. Alluvione: 16 mesi dopo il Montone fa ancora paura

Da sinistra: Maurizio Naldi, Bruno Basini, Stefano Valmori, Valeria Marconi e Giovanni Puggioni (Frasca)

"Vorremmo solo sapere quando la chiusa che ha fatto saltare l’argine verrà rifatta": l’espressione usata dal coordinatore del quartiere Romiti, Stefano Valmori, in realtà era molto più colorita, il tono accalorato dai tanti mesi di attesa, la voce ferma di chi non smetterà mai di "chiedere sempre la stessa cosa fino a quando non avrò una risposta". L’occasione per tornare su quell’argine del fiume Montone, in fondo a via Martiri delle Foibe, che il 16 maggio del 2023 "saltò in aria allagando il quartiere", è stata la visita dei candidati alle prossime regionali della lista ‘Emilia Romagna per la pace, l’ambiente e il lavoro’: Bruno Basini, segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Giovanni Puggioni, segretario provinciale del Partito Comunista Italiano e Valeria Marconi, ferrarese, membro del Comitato Regionale Pci.

A rincarare la dose, le parole dei tre candidati in consiglio regionale: "I lavori di ripristino degli argini e della loro messa in sicurezza sono pressoché assenti – affermano –. Dopo quasi 16 mesi dal disastro, vegetazione con crescita incontrollata, argini senza mura di sostegno, mentre le precedenti giacciono ancora crollate nel letto del fiume, tubazioni di decantazione e collegamento sono ancora nel terrificante stato in cui sono state lasciate dalla furia del fango che le travolse". Arrivati sul punto dove sorgeva la chiusa, divelta dalla furia delle acque, Valmori ha portato l’attenzione del gruppo proprio sulle due pompe che da quel giorno sostituiscono le tubazioni che portavano acqua al fiume. "Nessuno ci sa dire quando i lavori verranno effettuati – spiega –, molti abitanti della zona hanno paura quando piove, non si sentono al sicuro, proprio perché mancano le strutture che dovrebbero proteggerci. Ho chiesto a tutti, dalla Regione al Comune, dal Consorzio di Bonifica alla Protezione Civile, ma nessuno sa dire cosa vogliono fare, quando lo faranno e come pensano di proteggere il territorio da eventuali altre calamità, anche perché, senza quella chiusa e le vasche di laminazione a monte, servirà molto meno della pioggia che cadde in quei due giorni per fare un disastro altrettanto grande". La visita è proseguita anche all’interno del quartiere.

"Registriamo ancora molte abitazioni prive di interventi – affermano i tre candidati – e scantinati, per esempio quelli della case popolari di Via Locchi, contenenti ancora fango e macerie da smaltire. Si ascoltano ancora cittadini non soddisfatti nelle loro richieste dei danni subiti. Ciò è vergognoso e sconcertante". Si è anche constatato come gli immobili della zona abbiano perso valore: "Fino a quando non sarà garantita la sicurezza nessuno comprerà nulla da queste parti".

Matteo Bondi