Eccoli, tutti in fila, i cinquanta motivi per amare l’Emilia-Romagna. Ci sono la Riviera adriatica, il centro storico di Rimini, tutta la città di Bologna (poi declinata in altre tappe imperdibili), Comacchio, il parco del Delta del Po, lo gnocco fritto, il labirinto di Fontanellato, il Prosciutto di Parma. Ci sono anche i tortellini, ma – attenzione – non i cappelletti. Abbiamo il museo di Fellini e quello dedicato a Secondo Casadei, ma non il San Domenico, dove tra poche settimane prenderà il via la nuova grande mostra d’arte.
Si potrebbe andare avanti a lungo: nel documentario lungo 90 minuti dal titolo ‘50 motivi per amare l’Emilia-Romagna’, realizzato con coordinamento di Apt Emilia-Romagna e che sarà trasmesso questa sera dalla rete di Berlino-Brandeburgo RBB (Rundfunk Berlin-Brandenburg) non c’è nessuna tappa che includa Forlì e il suo territorio.
Un peccato, perché la vetrina sarebbe stata eccellente, infatti il documentario andrà in onda alle 20.15, dopo il notiziario delle 20 e il format, che prevede in ogni puntata una destinazione diversa, è seguito da un pubblico compreso fra 750mila e 1,2 milioni di spettatori (sono previste, dopo la prima messa in onda, ulteriori repliche su altri 16 canali del gruppo ARD). Le cinquanta tappe del tour attraverso la Regione vedono 30 località emiliane contro 20 romagnole: uno squilibrio che, al di là del campanilismo, è facile motivare anche in base a mere ragioni di dimensione. Ben più difficile, invece, capire cosa abbia spinto l’agenzia regionale che ha coordinato il progetto (benché realizzato da un regista e da un cameraman tedeschi) a non includere né Forlì, né alcuna delle eccellenze del territorio: la durata limitata del documentario, certo, impone di operare delle scelte, ma, sbirciando punto per punto il lungo elenco, non risulta difficile pensare a delle soluzioni che non avrebbero scontentato nessuno.
Non è toccata direttamente nell’elenco nemmeno la vicina città di Cesena che, però, vede citato il porto canale di Cesenatico (ben due volte, perché c’è anche il museo della Marineria), il formaggio di fossa tipico di Sogliano e le teglie di Montetiffi, borgata della stessa Sogliano nota per la produzione della lastre su cui cuocere la piadina. Che, a proposito, è considerata un altro dei motivi per visitare la nostra terra. Così come il liscio, sul quale si lavora come patrimonio immateriale dell’umanità da candidare all’Unesco. Un po’ poco, però, per il Forlivese.
È citato un parco, quello del Delta, ma non quello delle Foreste Casentinesi. Di Appennino, c’è piuttosto quello reggiano con la Pietra di Bismantova. Ci sono vari musei e sedi espositive: la Marineria a Cesenatico; quello di Fellini a Rimini; palazzo Schifanoia a Ferrara; quello di Enzo Ferrari a Modena. Ma, come detto, non il San Domenico: e pensare che tra arte e fotografia, le porte sono aperte almeno 9 mesi l’anno. Si parla di Fellini, Ferrari, Dante, Giuseppe Verdi, Secondo Casadei, ma non di Pellegrino Artusi e della ‘Casa’ attiva a Forlimpopoli. A proposito di buona tavola: il lambrusco emiliano è nell’elenco, il sangiovese no. Sarebbe stata magari un’occasione per parlare di Bertinoro, il Balcone di Romagna: sono nominati altri borghi, come Santarcangelo, ma non quello. E nemmeno la cittadella rinascimentale di Terra del Sole, per la quale si è parlato addirittura di candidatura all’Unesco.
Al termine del documentario il regista Stephan Düfel sintetizza la sua esperienza: "Tutta la regione possiede questo mix irresistibile: arte, cultura e gioia di vivere. Ecco perché per noi è stato molto semplice trovare i 50 motivi per amare l’Emilia-Romagna". Più difficile, a quanto pare, trovarne almeno uno per non escludere il territorio forlivese.