REDAZIONE FORLÌ

Gianfranco Brunelli (‘Il Regno’): "Francesco ha aperto molte strade. Il successore ripartirà da lì"

Il forlivese (noto anche per le grandi mostre) sta preparando un numero speciale della sua rivista "Bergoglio ha fatto gesti profetici e affrontato le contraddizioni. È stato un apostolo delle genti".

Gianfranco Brunelli durante un incontro con Papa Francesco (foto Vatican Media)

Gianfranco Brunelli durante un incontro con Papa Francesco (foto Vatican Media)

Gianfranco Brunelli sta preparando un numero speciale del ‘Regno’, la rivista quindicinale che dirige e che in questo 2025 celebra i propri 70 anni: "A inizio anno avevamo ricevuto una lettera in cui Papa Francesco ricordava l’importanza della nostra pubblicazione nella storia". E l’edizione che viene curata in questi giorni nella redazione di Bologna ha proprio l’obiettivo di "ricordare il pontefice e trarre un bilancio della sua opera". Brunelli è anche vicepresidente della Fondazione Cassa dei Risparmi e organizzatore delle grandi mostre al San Domenico, "ma in questo caso gli altri incarichi non c’entrano".

Brunelli, chi era Francesco? "Un Papa che ha aperto strade, senza necessariamente chiuderle o percorrerle tutte: alcune di queste hanno tempi che vanno ben oltre i 12 anni del suo pontificato. Ma era consapevole di avere questo compito, fin dall’inizio".

Era un innovatore? "Sapeva che era finito il lungo tempo della Chiesa dogmatica. Doveva confrontarsi con le contraddizioni di questo tempo. Lui tuttavia non si è contraddetto: c’era una tensione tra le aperture profetiche e la difficoltà di governare la Chiesa come istituzione, ma nel suo caso non una contraddizione".

Un Papa vicino alla gente: è corretta questa immagine che circola di lui, tra i fedeli e non solo? "Direi alle genti, non alla gente. È stato un novello apostolo delle genti, un Papa evangelizzatore, capace di parlare ai laici, agli esterni alla Chiesa, ai ‘gentili’. Penso al valore dato agli emarginati, al tema di come accogliere i gay o le coppie di fatto, al primato della coscienza espresso da quella celebre frase: ‘Chi sono io per giudicare?’. I semi di questo erano anche nel Concilio Vaticano II ma lui è andato molto oltre lungo questo sentiero. Nel dibattito di questi giorni, emerge soprattutto la figura di un Papa capace di rivolgersi anche al di fuori della Chiesa. Questa è la sua eredità".

Un’altra immagine di lui: un Papa progressista. Va confermata o confutata? "Non era di sinistra, se è questa l’idea che alcuni hanno avuto di lui. Era radicale. Nel senso di andare alle radici del Vangelo e della Chiesa".

Ha parlato prima dell’eredità di Francesco: una figura talmente forte e carismatica da condizionare l’agenda del suo successore? "Il successore dovrà per forza ripartire da dove Francesco si è fermato. Il compito sarà molto alto, tra contraddizioni enormi. Ma indietro non si torna: si deve piuttosto attraversare il nuovo".

Cosa pensa dell’imminente conclave? Tra i nomi che circolano, gli italiani sono forse i più autorevoli e, tutto sommato, i favoriti? "Posso dire che la fase finale del pontificato di Benedetto XVI aveva lasciato diverse perplessità in merito ad alcuni protagonisti. Oggi non c’è più questa opposizione ai cardinali italiani. Ma chiunque si cimenta nel toto-conclave è consapevole di svolgere un mero esercizio: il conclave è un’assemblea, le cui dinamiche interne non sono preventivabili".

Lei stesso incontrò Francesco. Cosa ricorda? "Ci siamo visti tre volte, tra il 2015 e gli anni della pandemia. Quella che mi resta maggiormente impressa è un’udienza privata di oltre mezz’ora che mi concesse nel 2018: parlammo del sinodo della Chiesa italiana".

Benché foste concentrati su temi specifici, Francesco dimostrò anche con lei la sua umanità? "Con lui il rapporto era spontaneo e immediato. E al termine dell’incontro riusciva anche a toccare questioni familiari e aspetti umani. Fu molto affettuoso con me".

Marco Bilancioni