di Sofia Nardi
L’acqua è salita rapidamente, senza concedere alcuna via di fuga. Sono morti insieme nella loro casa di via Padulli, nel quartiere Cava, sommersi dall’inarrestabile piena del fiume Montone. Si sono svolti ieri, nella chiesa della Pianta, i funerali del 64enne Franco Prati e di sua moglie Adriana Mazzoli, 53 anni. Due bare gemelle, in legno chiaro, sovrastate da corone di fiori bianchi, al centro della navata. Intorno i parenti e gli amici con gli occhi carichi di lacrime, ammutoliti da un evento con il quale non è facile venire a patti.
In prima fila le autorità: il sindaco Gian Luca Zattini e il prefetto Antonio Corona, ma anche i deputati Jacopo Morrone e Rosaria Tassinari. A presiedere la messa è stato il vescovo Livio Corazza che, venerdì, ha voluto portare il suo saluto anche alla prima vittima della piena, il 67enne Vittorio Tozzi. "Tutti abbiamo paura della morte – ha esordito il vescovo – e deve essere stato terribile per loro vederla arrivare. Quello che è successo ci impone una riflessione politica e culturale affinché cose simili non avvengano più". Corazza, poi, dopo aver parlato di dolore, ha parlato anche di amore, quello che univa Adriana e Franco: "I loro cari testimoniano che si sono sempre aiutati e sostenuti e hanno vissuto con amore e rispetto. Sappiamo che negli ultimi istanti hanno cercato di uscire di casa insieme e che nel pericolo l’uno ha pensato all’altra. Non ce l’hanno fatta, ma ci insegnano il valore della reciproca solidarietà".
Il vescovo, poi, ha lanciato un messaggio preciso: "Abbiamo il compito di rispettare questa terra per noi e per chi verrà dopo. In questi giorni tra tanta morte, distruzione e macerie abbiamo visto tanti gesti di solidarietà, impegno e sorrisi. Questo ci fa capire che il bene e il male lottano, ma il bene l’avrà sempre vinta. Ricordiamo – ha continuato – che la vera felicità c’è quando superiamo l’individualismo e fondiamo una comunità fraterna in cui uno si fa prossimo all’altro e l’unico comandamento è l’amore. Tutto avrà una fine, ma soprattutto un fine: l’amore. Adriana e Franco erano uniti da una scelta di vita comune, semplice e vera e per questo li ringraziamo, perché stiamo imparando tanto anche da loro".
Sul finire della cerimonia ha preso la parola anche il sindaco Gian Luca Zattini, con la fascia tricolore indossata sopra il giaccone della Protezione Civile e il volto stanco da un’emergenza che sembra non avere fine. Quando parla, la voce è incrinata e le parole spesso si trasformano in singhiozzi strozzati: "La città è stata stravolta, violentata: non sarà più la stessa. Nonostante questo sappiamo che avremo un futuro. Quello che è certo, però, è che bare come queste non dovranno esserci mai più. Queste vittime sono la ferita che ci porteremo dentro. Non possiamo pensare di trovarci ancora qui tra cinque o dieci anni a ripercorrere questo calvario".
Le parole di Zattini diventano sempre più pesanti: "Franco e Adriana sono martiri di qualcosa che è sfuggito alle istituzioni: non abbiamo capito che il mondo è cambiato e questo ci ha portato ad agire come avrebbe avuto senso fare 50 anni fa. In questi giorni in tanti mi hanno chiesto perché chiedo scusa, ma ora è proprio il momento delle scuse. È il momento di dire che qualcosa non ha funzionato e un sindaco deve farsi carico anche di queste situazioni, perché un sindaco non serve solo a tagliare nastri. Gli unici che non hanno responsabilità sono proprio le persone che ora si trovano in queste bare".