Ci sono i due genitori del piccolo, il bagnino cesenate all’epoca neomaggiorenne che si trovava più vicino al bimbo. E poi figurano uno dei responsabili della struttura, il responsabile per la sicurezza in quel settore e un coordinatore del servizio di salvataggio: ovvero coloro che avevano firmato il documento relativo all’organizzazione interna della sicurezza. Nel tardo pomeriggio di ieri il gup Janos Barlotti, su richiesta del pm Daniele Barberini, li ha rinviati tutti a giudizio per la morte di Edoardo Bassani, il bambino di quattro anni di Castrocaro Terme deceduto per annegamento il pomeriggio del 19 giugno del 2019 a ‘Mirabeach’, il parco acquatico che si trova nel contesto di Mirabilandia.
Nel processo che si aprirà a inizio settembre davanti al giudice monocratico Beatrice Marini, dovranno tutti rispondere di omicidio colposo. Nel medesimo dibattimento, i genitori del piccolo (assieme ai nonni) saranno presenti anche come parte civile nei confronti degli altri quattro imputati.
Le indagini per ricostruire l’accaduto, si sono snodate attraverso due principali passaggi tecnici: l’autopsia e le verifiche della Medicina del Lavoro dell’Ausl sull’organizzazione interna. Secondo l’esame autoptico, il bambino era deceduto proprio per “asfissia meccanica da annegamento” e non in conseguenza di un improvviso malore che lo aveva colto mentre si trovava in acqua. In particolare la relazione conclusiva dei due medici legali incaricati dalla procura – Franco Tagliaro e Federica Bortolotti – aveva individuato tutti i momenti che avevano caratterizzato la vicenda di Edoardo. Ovvero il momento preciso in cui il bimbo era entrato in crisi; quello nel quale era stato portato fuori dall’acqua con le conseguenti prime manovre rianimatorie; e quello entro il quale, intervenendo con efficacia, lo si sarebbe potuto forse salvare. Tutto registrato dalle telecamere interne in una drammatica sequenza della durata totale di circa otto minuti tre dei quali trascorsi dal bimbo con la faccia sott’acqua. Quello era stato il primo documento acquisito dai carabinieri per fare luce sull’accaduto. Dalle immagini, gli inquirenti avevano capito che il bambino era passato da una zona con l’acqua alta 30 centimetri a una in cui l’acqua raggiunge i 110 centimetri di una piscina dell’area dedicata, la ‘Laguna del Sol’. il suo nome All’inizio si era mosso verso altri bambini che stavano giocando alla baby-dance; poi via via era andato in affanno: per un po’ aveva annaspato prima di cedere. Secondo quanto ricostruito nell’immediatezza, la madre si era allontanata forse per portare un po’ di cibo al marito, in quel momento convalescente dopo un incidente, intimando però al piccolo di rimanere lì dove si trovava perché lei sarebbe tornata a breve. Lui invece era finito in quel punto profondo quanto all’incirca la sua altezza. Quando era andato in affanno, i ragazzini attorno non se ne n’erano accorti magari pensando che stesse giocando. E invece proprio in quei momenti la madre – come si può realizzare dal video – lo stava già disperatamente cercando a bordo vasca, fino a capire quanto gli era successo dopo avere girato per tre volte attorno alla piscina.
Il primo a dare l’allarme, era stato un ragazzino che aveva intuito che qualcosa in quel bimbo fermo in acqua non andava: ma i conseguenti tentativi di rianimazione nulla avevano sortito. La madre era stata la prima a essere sentita con la presenza di un avvocato. Poi erano via via stati indagati tutti gli altri fino a raggiungere una decina di nomi (alcune posizioni sono state poi stralciate in vista di archiviazione). L’ultimo nome a finire sul registro degli indagati, era stato quello del padre del piccolo.
Andrea Colombari