MARCO BILANCIONI
Cronaca

Docufilm su Predappio, l’ex sindaco Frassineti: "Il museo del ‘900? Credo che non si farà"

Protagonista di ‘The Major’ l’altra notte su Rai3: anni di riprese in paese per raccontare i nostalgici e il progetto relativo alla Casa del Fascio

Giorgio Frassineti (sindaco di Predappio dal 2009 al 2019) guarda il docu-film ‘The Mayor’ che lo vede protagonista:

Giorgio Frassineti (sindaco di Predappio dal 2009 al 2019) guarda il docu-film ‘The Mayor’ che lo vede protagonista:

Forlì, 30 dicembre 2023 – È andato in onda a tarda notte, quella scorsa, pochi minuti dopo le 24, dopo almeno tre date slittate fra novembre e dicembre. Ma alla fine Rai3 ha trasmesso ’The Mayor’, titolo inglese per una produzione italianissima, girata in gran parte a Predappio e a Lido di Classe (più alcuni luoghi simbolo della Germania nazista). E il ‘sindaco’ (traduzione di ’mayor’) è lui: Giorgio Frassineti, che ha rivestito tale ruolo dal 2009 al 2019.

Il docufilm gioca con la lettera M caratteristica del Ventennio (il sottotitolo è ‘Me, Mussolini and the Museum’ ovvero ’io, Mussolini e il museo’).

La versione per la tv è leggermente più corta e prevede un narratore: nell’originale, la voce fuori campo è Frassineti stesso. Già trasmesso in Francia, Spagna e Germania, con tanto di menzione speciale al festival Biografilm di Bologna, ’The Mayor’ è stato girato durante il secondo mandato di Frassineti, quando è diventato caldo il progetto di un museo dedicato al Ventennio presso l’ex Casa del Fascio di Predappio chiusa da ormai 80 anni. Ma racconta anche i primi anni del suo successore Roberto Canali, primo sindaco di centrodestra nel paese del duce. I temi sono cruciali a livello locale e nazionale: le adunate in camicia nera, i negozi di gadget, la memoria, il ruolo della storia e della cultura, i rapporti – sempre più tesi – tra Frassineti e Canali. E soprattutto il futuro della Casa del Fascio.

Giorgio Frassineti, ex sindaco di Predappio, lei è il protagonista del docufilm ’The Mayor’ andato in onda l’altra sera. Facciamo un passo indietro: quando è partito il progetto?

"Era il 2016: 4-5 anni di riprese. Il regista Piergiorgio Curzi e la sua troupe sono venuti un’infinità di volte a Predappio, li ho perfino ospitati a casa mia".

Come nasce l’idea?

"Curzi accompagnò una tv canadese che girava una serie di puntate sui dittatori. Fu colpito dal fatto che un sindaco di sinistra avesse questo progetto sul fascismo e su uno dei suoi luoghi simbolo... Inizialmente lavorava a sue spese, finché non ha riscosso interesse, tra gli altri, di Rai Documentari. Quando sono arrivati i soldi, siamo stati anche a Braunau, la città natale di Hitler, e al cosiddetto ‘Nido dell’Aquila’".

Quel viaggio ha una necessità filmica, ma lei c’era già stato.

"Sì. A Braunau stanno molto meglio che a Predappio: i nostalgici vanno dove il dittatore è sepolto, non dov’è nato. Da noi le cose coincidono, ma è il cimitero il luogo di pellegrinaggio, non la casa. Al ‘Nido dell’Aquila’ vanno, come ricordiamo nel film, 170mila persone all’anno. E mica neonazisti. È quello che volevo fare io a Predappio...".

Lei dice a un certo punto che chi fosse uscito dal ‘suo’ museo non avrebbe avuto più voglia di comprare un accendino con la testa di Mussolini. Perché allora ci sono state resistenze anche a sinistra?

"Mi hanno attaccato tutti, destra e sinistra... chi mi ha accusato di sdoganare il fascismo e chi di fare un’operazione di parte. Noi volevamo raccontare tutto: la guerra, le leggi razziali, ma anche l’arte, il consenso... Fino al 1938 Mussolini è l’uomo della pace, della provvidenza... e questo non è funzionale a una certa narrazione".

Cosa intende?

"Oggi ci si definisce antifascisti omettendo che gli italiani sono stati fascisti, razzisti, colonialisti... un punto di vista auto-assolutorio. Lo diceva anche Gramsci. Qualcuno a sinistra non ha capito che sono partito da lì".

Negli anni da sindaco, spesso ci sono state polemiche con l’Anpi. Anche nel film non fa mistero di avere una posizione diversa dalla loro, pur da sinistra.

"Mille volte meglio l’Anpi delle camicie nere, sia chiaro. Ma spesso per loro Predappio è stata una vetrina... Le comunità ebraiche hanno appoggiato il mio progetto, l’Anpi no".

Il docufilm è anche una sua rivincita? Pensa di ricandidarsi a sindaco di Predappio per terminare il lavoro?

"Assolutamente non sono in cerca di pubblicità. E non ho intenzione di ricandidarmi. Ho fatto pace con me stesso e capito tante cose. Ho interpretato il mio ruolo in maniera totalizzante e, quando è terminato, ho sofferto. Per tornare alla normalità ci ho messo almeno un anno e mezzo dopo la fine del mio mandato".

È ancora iscritto al Pd?

"Sì. La politica mi interessa ma non in maniera attiva. Agli ultimi congressi, quello nazionale e quello locale, ho votato Bonaccini e Allegni: uno l’ho perso e l’altro l’ho vinto...".

Cosa ne sarà del suo progetto?

"Capisco che la parola ‘museo’ faccia paura... l’avevamo chiamato ‘esposizione permanente’... ma è appunto un museo... Non credo che si farà nulla".

Il progetto è morto?

"Spero di no, ma temo di sì. Perché se si cambia la natura del progetto, si crea un problema di gestione. Se lo si dedica alle tradizioni romagnole, per esempio, non si può reggere, si fa un buco nelle casse del Comune".

Lei chiama in causa, e lo fa anche nel docufilm, il suo successore Roberto Canali, di centrodestra.

"Non so chi lo abbia consigliato, ma sul museo ha cambiato idea: all’inizio era d’accordo. Così come ha partecipato alle riprese, poi a un certo punto ha tagliato i ponti. Nel film c’è la prima riunione del comitato scientifico a cui partecipa da sindaco: era favorevole, poi ha sciolto il comitato. Cosa voglia fare dentro la Casa del Fascio non lo so".

Che idea si è fatto dello scontro tra Comune e impresa sul cantiere del recupero?

"Dipende da cosa c’è scritto sul contratto e questo non lo conosco: di certo è uno stop forte, visto che si è arrivati in tribunale. Una cosa mi sento di dirla: quando il demanio ci ha concesso l’immobile, l’ha fatto perché c’era un progetto. Idem quando la Regione ci ha dato un milione di fondi europei Fesr. La Fondazione Carisp contribuì con 500mila euro: l’allora presidente Roberto Pinza mi disse di puntare a un luogo di valore almeno nazionale".

Il museo è il suo rimpianto?

"Io ci ho provato, a cambiare questo paese: non possiamo essere quello dove i negozi vendono i manganelli. L’ho detto anche a Emanuele Fiano, il parlamentare del Pd che ha portato in parlamento una legge contro i gadget, poi non approvata".

Con quella legge, Predappio non sarebbe cambiata?

"Ma la cultura era ed è l’unica via. E l’interesse per quel periodo storico è enorme. Ma senza un progetto non si può fare nulla".