
Daniele Severi, già condannato all'ergastolo per l'omicidio del fratello, riceve sette mesi per minacce alla sorella.
Sette mesi. Altri sette mesi di condanna per Daniele Severi (foto), 65 anni, meldolese, autista del 118 in pensione, che nel maggio scorso ha incassato l’ergastolo in primo grado per l’omicidio del fratello Franco, trovato decapitato la notte del 21 giugno 2022 nel podere Ca’ Seggio di Civitella.
Minacce aggravate alla sorella Milena con l’uso di un’arma, nel pomeriggio del 4 aprile 2021, a pochi passi dallo stesso podere di Ca’ Seggio: questa l’accusa motore del processo andato a dama ieri sera con la sentenza di primo grado firmata dal giudice Serena Chimichi dopo circa un’ora di camera di consiglio. Un anno e 4 mesi aveva chiesto il pm Massimo Maggiori. Richiesta anche dalla parte civile, la sorella Milena, la vittima, assistita in aula dall’avvocato Max Starni.
Istanze alle quali s’era opposta con oratoria decisa e appassionata l’avvocato difensore Maria Antonietta Corsetti, che per l’imputato aveva l’assoluzione. Per la difesa, Daniele il pomeriggio del 4 aprile 2021 non si trovava a Ca’ Seggio ma era a Meldola, col figlio Simone, per aggiustare la sua auto, una Fiat Panda azzurra. La stessa macchina guidata da Daniele quando impugnò l’arma per puntarla contro alla sorella Milena: è la stessa vittima a riferirlo via cellulare, nell’immediatezza dei fatti, ai carabinieri di Civitella. Milena, come ha detto il pm Maggiori nella requisitoria di ieri, "è stata ritenuta sempre credibile, in quanto ha fornito la sua versione in modo deciso, preciso e con dettagli poi riscontrati".
Secondo la ricostruzione dell’accusa – accolta nella sostanza dal giudice – Daniele quel giorno va al podere dei genitori (all’epoca ancora vivi) perché c’è un clima di tensione generato fin dal 2014 all’interno della famiglia Severi. Una frattura innescata da motivi di eredità e che vede da una parte cinque fratelli e dall’altra Daniele, che si sente escluso dalla gestione del fondo. Stando all’accusa, Daniele incrocia Milena in auto; lei si ferma; chiede al fratello cosa faccia lì. "E lui estrae una pistola e mi urla ’Basta! T’ammazzo, t’ammazzo’. E poi è fuggito". La pistola non è mai stata ritrovata. Ma per l’avvocato Starni l’episodio sarebbe il "prologo all’omicidio del fratello Franco e s’inquadra nel climax della situazione famigliare".
Poi, la sentenza di ieri. Con Daniele, presente come sempre in aula, che resta impassibile. In attesa del processo d’appello dell’omicidio, previsto in primavera a Bologna.