Forlì, 17 marzo 2017 - L’idea di progettare una Casa della Speranza all’interno della comunità di Malmissole sbocciò circa una anno fa durante il Giubileo, quando Papa Francesco chiese «un’opera di misericordia concreta in ogni diocesi». Lo ha raccontato don Nino Nicotra, il parroco di Malmissole e il primo a prendere la parola mercoledì sera davanti a una platea di quasi un centinaio di persone, in un incontro in parrocchia a cui ha partecipato anche il vescovo monsignor Lino Pizzi.
PRIMA di entrare nel dettaglio della struttura che verrà («E’ un idea molto forte» risponderà più avanti con fermezza a un ragazzo che domandava se ci fossero ancora margini per bloccare il progetto), don Nino ha provato a raccogliere la platea – in larghissima parte contraria all’iniziativa – intorno al nome di don Dario Ciani, il fondatore della Comunità di Sadurano e parroco del carcere, scomparso nel luglio del 2015, che proprio a Roncadello e Malmissole trascorse gli ultimi anni della propria vita: «Ci ha raccontato tante volte la sua testimonianza di accoglienza agli ultimi. Noi siamo molto piccoli in confronto a lui, ma proviamo a portare avanti i suoi ideali».
Per realizzare la Casa della Speranza all’interno dei locali della canonica – in parte da ristrutturare, soprattutto il primo piano – si sono raccolti più attori: la Diocesi, l’associazione Papa Giovanni XXIII, la Caritas Diocesana, il parroco del carcere don Enzo Zannoni e naturalmente l’Unità pastorale, che non si limita alla sola parrocchia di Malmissole, ma comprende le quattro limitrofe. Il percorso per la realizzazione e poi il funzionamento della Casa della Speranza è già tracciato, a partire dalla costituzione di un’Associazione temporanea di Scopo.
Nella bozza di accordo la Papa Giovanni si assume la responsabilità della gestione della struttura, con presenze fisse di volontari, e la rendicontazione amministrativa. Alla Diocesi spetterebbe invece l’impegno di recuperare i fondi necessari alla ristrutturazione degli spazi oltre a un monitoraggio settimanale, mentre l’Unità pastorale concederebbe l’uso gratuito dei locali e seguirebbe direttamente i lavori, suscitando al contempo la partecipazione di volontari. Ne serviranno, a pieno regime, tra i 20 e i 25. Il numero di ospiti non è stato chiarito nel dettaglio ma dovrebbero tra i 10 e i 12. «Auspico un pregiudizio positivo – ha detto don Nino –, questa non dovrà essere un’isola e io per primo mi impegno a venire a viverci».
All'interno della Casa della Speranza saranno ospitate – per un anno, un anno e mezzo ciascuna – persone in ‘esecuzione penale’, cioè carcerati, che abbiano ottenuto l’ok dal magistrato di sorveglianza per trascorrere ‘fuori’ l’ultima fase della loro pena (in genere tre-quattro anni), naturalmente all’interno di percorsi rigidi e controllati. «Non si tratterà di colpevoli di pedofilia o appartenenti ad associazioni mafiose – ha spiegato Meo Barberis della Papa Giovanni –, ma di quella larga fascia di persone che hanno bisogno solo di ricevere la possibilità di un’occasione educativa».
Barberis ha messo sul tavolo i numeri delle recidive: «Sono del 70% per chi sconta tutta la pena in carcere, del 20-25% per chi può utilizzare misure alternative (servizi sociali, arresti domiciliari) e del 10% nelle realtà che prevedono un percorso educativo. Si tratta di un grande valore, umano e religioso».
HA CERCATO di spiegarlo ai residenti anche il direttore della Caritas di Forlì Sauro Bandi, ricordando che «a San Mercuriale fino a qualche tempo fa era ospitata una persona in esecuzione penale esterna. Non sarebbe una novità questa struttura e vedrebbe coinvolta tutta la realtà diocesana di Forlì e Bertinoro». Un’occasione insomma per «risvegliare e sollecitare le coscienze», ha sottolineato don Nino. Basterà a convincere i residenti?