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Appennino, prevenire i roghi: "Qui la maggior parte dei boschi. Ma serve più coordinamento"

Per Valbonesi, già responsabile del Servizio forestazione e parchi dell’Emilia-Romagna, Forlì-Cesena è il polmone verde della regione, ma per evitare disastri occorre "un unico piano antincendio".

Per Valbonesi, già responsabile del Servizio forestazione e parchi dell’Emilia-Romagna, Forlì-Cesena è il polmone verde della regione, ma per evitare disastri occorre "un unico piano antincendio".

Per Valbonesi, già responsabile del Servizio forestazione e parchi dell’Emilia-Romagna, Forlì-Cesena è il polmone verde della regione, ma per evitare disastri occorre "un unico piano antincendio".

L’incendio che sta devastando un’ampia area della California con il corollario di morti e distruzioni fa capire che il cambiamento del clima in atto impone di affrontare un po’ ovunque il pericolo incendi, anche nell’Appennino tosco-romagnolo.

Se a memoria d’uomo, infatti, qui non si ricordano roghi vasti e pericolosi, grazie soprattutto al clima umido di cui godono i boschi del versante forlivese, le minori precipitazioni, i sempre più prolungati periodi di siccità negli ultimi anni, uniti a una crescente frequenza e intensità di giornate molto ventose e infine a una pressione turistica in forte aumento, impongono un salto di qualità nella prevenzione.

Enzo Valbonesi già presidente del Parco nazionaleForeste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna e già responsabile del Servizio forestazione e parchi dell’Emilia Romagna e oggi esponente di Legambiente, il nostro Appennino rischia?

"Le serie storiche e i documenti a disposizione ci dicono che nel crinale romagnolo non si ricordano incendi molto importanti, con episodi sempre legati in passato alla ricerca di nuovi spazi per le coltivazioni a scapito del bosco e, più recentemente, a disattenzione o a episodi decisamente dolosi".

Non c’è quindi un pericolo immediato?

"I cambiamenti climatici ci impongono nuove attenzioni. I nostri boschi (in provincia di Forlì-Cesena ci sono i 2/3 del patrimonio boschivo regionale) sono importanti sia dal punto di vista naturalistico sia per la funzione di protezione che svolgono nei confronti del bacino idrico che afferisce all’invaso di Ridracoli. La legge nazionale del 2000 in materia di incendi boschivi ha assegnato alle Regioni e ai Parchi nazionali il compito di redigere e approvare i ‘Piani di previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi’, ma attualmente nell’area comprendente il Parco nazionale e i sistemi boschivi dei Comuni di contorno al Parco (sia pubblici che privati), sono attualmente in vigore tre distinti Piani antincendio".

Manca un coordinamento?

"Personalmente ho qualche dubbio che siano coordinati, soprattutto in caso di interventi di spegnimento degli incendi che non conoscono confini amministrativi. Non si ha notizia che finora, cioè dal 2000, il Parco e le due Regioni (Emilia Romagna e Toscana) abbiano mai svolto congiuntamente un’esercitazione per testare l’efficienza e l’efficacia dei rispettivi Piani".

Cosa servirebbe?

"Un unico Piano e un unico soggetto istituzionale capace di agire con tempestività e decidere sul campo i diversi ruoli dei vari soggetti preposti ad intervenire operativamente: vigili del fuoco Agenzie regionali di protezione civile, Carabinieri Forestali, volontari. Esistono anche tre sistemi diversi di avvistamento degli incendi che sono effettuati, prevalentemente nei mesi estivi".

La soluzione è quindi un unico Piano antincendi e investimenti sulle nuove tecnologie.

"Certo. Non siamo sicuramente in una situazione ottimale. Infatti le azioni da terra richiedono sia personale numericamente adeguato, sia strutture dei vigili del fuoco e della Protezione Civile vicine alla foresta; distaccamenti che oggi sono presenti oltre che nei tre capoluoghi di Provincia (Arezzo, Firenze e Forlì-Cesena) solamente in 4 degli 11 comuni del Parco (Bagno di Romagna, Bibbiena Pratovecchio Stia e stagionale a Capaccio di S. Sofia). Inoltre lo spegnimento con aerei ed elicotteri risulterebbe particolarmente problematico per la lontananza delle zone di approvvigionamento idrico, salvo forse la possibilità che, al momento mi sembra non esista, di utilizzare a questo scopo l’invaso di Ridracoli".

Oscar Bandini