Forlì, 14 dicembre 2009 - Zero possibilità. Tanto che lungo l’aspro tragitto della battaglia Gianfranco Padovani resta solo. Quelli di via Schio — all’inizio, uniti nella lotta — s’arrendono uno dopo l’altro. Troppo forte l’avversario. Che si chiama Tim (Telecom Italia Mobile). Tutti quindi s’arrendono al ‘mostro’ di via Schio, area artigianale di via Lunga. Il mostro è un’antenna per cellulari. Un ago ciclopico d’una ventina di metri sparati all’insù. Tutti mollano. Non Gianfranco. Che alla fine vince. Trionfa. Sconfigge il titano Tim. Costretto dal giudice a risarcire Gianfranco: 200mila euro, per il deprezzamento della sua casa.
La Tim sbarca in forze in via Schio nel 2003 e in poche ore pianta il suo pennone a 23 metri dalla casa di Gianfranco Padovani, imprenditore nonché campione di tiro al piattello. Da quel giorno Gianfranco ha una missione: togliere di mezzo il mostro. Che Gianfranco considera una minaccia alla salute, sua, della sua famiglia e di tutto il quartiere: l’impianto ha una potenza di 20 volt per metro. E ha una capacità di rovesciare in aria onde elettromagnetiche da far paura. Per dire: a un certo punto in quella zona ad alto tasso elettrico esplodono i telefonini, i cancelli s’aprono da soli, le lampadine si squarciano. Roba da film dell’orrore. La casa di Gianfranco diventa invivibile. Suo figlio rinuncia di andarci ad abitare. Gianfranco è accerchiato e solo; nella zona nessuno crede alla lotta. Troppo forte la Tim.
Gianfranco allora punta le carte sulla (vituperata) giustizia. I suoi avvocati, Claudio Marzocchi e Filippo Martini, chiedono al tribunale civile di Forlì di dare un’occhiatina alla salute dell’aria. Un esperto nominato dal giudice dirà che lì in via Schio non c’è alcun rischio. Gianfranco e i suoi legali fanno ricorso, perché dalla loro parte c’è la relazione di un gruppo di studiosi dell’Università di Urbino; per loro, via Schio è un’area inquinata da «correnti vaganti» che non fanno per niente bene. Ma anche l’appello va male. Due a zero per la Tim.
Una mazzata che avrebbe steso chiunque. Non Gianfranco e i suoi legali. Che mutano strategia: abbandonano la pista della salute in pericolo la buttano sul deprezzamento economico della casa di Gianfranco, abbruttita dalla presenza del mostro. L’epilogo è clamoroso: il giudice Alberto Pazzi dà ragione a Gianfranco; l’antenna Tim è stata eretta a 23 metri e non a un minimo di 46, come da permesso comunale. La Tim però ha prima chiesto di non pagare subito i 200mila euro (per evitare un «consistente danno patrimoniale») e ha poi fatto ricorso in appello; ma intanto l’avvocato Marzocchi dice: pagateci subito. «Non è per i soldi che sono felice — dice Gianfranco — è una vittoria del principio di giustizia».
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