Forlì, 14 luglio 2019 - La lite. Le urla. Le botte. E infine, purtroppo, la morte di una donna di 33 anni nata in Ucraina e trasferitasi a Forlì. Si contano sulle dita di una mano i punti fermi di una vicenda che ha ancora tanti, troppi punti da chiarire e che necessariamente promette sviluppi. Questo perché l’attività delle forze dell’ordine è ancora in corso e il silenzio degli inquirenti è granitico. Il tutto nonostante dal tragico fatto, qualunque sia la reale dinamica della vicenda, siano passati già diversi giorni. Nulla filtra infatti dagli inquirenti su quanto accaduto nella notte tra lunedì e martedì in un’abitazione della zona di viale Roma (anche qui nessuna indicazione precisa viene fornita). La certezza è che comunque in quella casa ha trovato la sua residenza una famiglia ucraina, composta da un uomo e dalla moglie, una 33enne sua connazionale.
La coppia ha un figlio minorenne, la cui presenza è ipotizzabile, ma non certa – in attesa delle risultanze dell’inchiesta –, al momento dell’episodio incriminato. Così come è da stabilire soprattutto chi, quella sera, fosse realmente presente in quella casa. Qualcosa certamente, tra chi c’era, non va per il verso giusto. Volano parole grosse, scoppia un litigio e si alza la voce, tanto che qualcuno, all’esterno, potrebbe aver sentito che in quell’abitazione gli animi si erano scaldati davvero troppo. Al culmine della lite qualcuno sovrasta fisicamente la donna e, presumibilmente, la ferisce.
Cosa sia accaduto, in quei frangenti, dovranno stabilirlo i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Forlì e del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale carabinieri di Forlì-Cesena; a coordinare il loro lavoro è il sostituto procuratore Federica Messina. Per quanto è stato possibile ricostruire attraverso il racconto di una persona amica della vittima, la donna, morta poi nel corso della nottata, sarebbe stata picchiata. Altro aspetto da chiarire è se il decesso della 33enne sia avvenuto mentre veniva trasportata all’ospedale oppure al Morgagni Pierantoni. Al momento gli inquirenti non hanno riferito nulla. Altro aspetto che attende una risposta è chi abbia chiamato i soccorsi: il marito, dopo essersi reso conto che la situazione stava precipitando? Un vicino? Il figlio stesso della coppia? Un’altra persona presente al momento dei fatti? Ma soprattutto, è stato un atto violento a causare la morte della donna ucraina? L’attività degli inquirenti, al momento, procederebbe lungo questo binario: capire se il decesso è conseguenza delle percosse oppure, pur in un tale contesto, sia dovuto a fattori diversi, anche accidentali. Fatto sta che la giovane, tragicamente, non ce l’ha fatta.
Le amiche, tante delle quali ucraine come lei, hanno espresso il loro cordoglio su Facebook nel profilo di una giovane che la piange. «Non è giusto... non ci credo», scrive una ragazza. «Mi dispiace sinceramente, che la sua luce sia sempre un ricordo», continua un’altra. I ricordi e le condoglianze si accavallano. C’è chi le augura «la serenità della tua anima» e chi, senza avere una risposta chiara, chiede per l’appunto «cos’è successo?». Domanda legittima, perché in questa storia sono ancora tanti i tasselli da sistemare. Gli sviluppi investigativi arriveranno, inevitabilmente, nelle prossime ore, considerando anche che è trascorsa addirittura quasi una settimana dall’episodio: un primo periodo già consistente per accertare i fatti. I risultati dell’esame autoptico sul corpo della 33enne forniranno elementi decisivi agli inquirenti. Resta da capire come, perché e nel caso per mano di chi sia morta quella giovane: quesiti che attendono risposte ovviamente dai vertici della procura della Repubblica.