di Matteo Bondi
A sostegno del disegno di legge Zan che prevede misure di prevenzione e contrasto alla discriminazione e alla violenza per motivi fondati su sesso, genere, orientamento sessuale e disabilità; riconoscendo quindi tra gli altri il reato di omotransfobia, si è schierato pubblicamente anche il sindaco di Bertinoro e presidente della Provincia di Forlì-Cesena, Gabriele Fratto.
Perché ha deciso di appoggiare pubblicamente il disegno di legge?
"È una vicenda che deve vederci tutti impegnati, perché parliamo di rendere più sicura la vita di tante e tanti nostri cittadini. Io stesso, sulla mia pelle, ho vissuto troppe volte il senso dell’inadeguatezza per la mia identità sessuale, oggetto di scherno o di condanna da parte di quella piccola minoranza di persone immotivatamente astiose e irrispettose: oserei dire cattive".
Lei non ha mai fatto mistero di essere omosessuale, ma non lo aveva mai dichiarato pubblicamente. Perché ora sì?
"Perché c’è un disegno di legge che dovrebbe vederci tutti uniti su una battaglia di civiltà, invece ci sono forze di destra che stanno cercando di boicottare questo percorso. Questa legge non lede i diritti di nessuno, ma li riconosce a chi ancora non li ha. Non vedo perché questo debba avere un colore politico. Poi c’è stato quell’episodio della coppia picchiata a Roma, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. È ora di metterci la faccia e ribadire il diritto di poter amare chi vogliamo".
Nel suo ruolo politico, ha mai subito episodi di discriminazione a causa della sua identità sessuale?
"Quando ancora dovevamo affrontare le primarie nel 2016, alla prima riunione del Partito Democratico, volli essere molto chiaro e dissi che mi candidavo come ero, senza voler nascondere nulla. Mi accolsero tutti senza alcun problema".
L’opposizione come si è comportata in questi cinque anni?
"Mai e poi mai sono stato oggetto di attacco per la mia identità sessuale da parte dell’opposizione, nonostante mi abbiano criticato aspramente per le scelte amministrative. Siamo tutte persone civili e Bertinoro si è dimostrato il paese dell’Ospitalità anche in questo caso".
Quindi nessun episodio?
"All’inizio, appena insediato, ricevetti una lettera anonima, oltretutto alquanto sgrammaticata, nella quale si faceva riferimento a come il mio compagno di allora, non si sa bene per quale assurdo ragionamento, avrebbe assunto un ruolo decisionale. Una cosa da nulla".
Nella sua vita ha mai subito episodi di discriminazione?
"Battute di cattivo gusto, epiteti, soprattutto da ragazzo; qualche parola di troppo detta a mezza voce, battutine alle spalle. Fanno male, sempre. Io ho la fortuna di avere una famiglia solida che mi sostiene, ma possono esserci persone in condizione di fragilità che faticano a far fronte a certi atteggiamenti, per questo è importante riconoscerne i diritti al pari di tutti".
Come ha affrontato la questione in famiglia?
"Il timore c’era. Fino al 1990 l’omosessualità era considerata una malattia e la generazione dei miei genitori è quella, avevo timore di un retaggio culturale che li potesse condizionare. Erano timori infondati, anche mia nonna, quando portai a casa il mio compagno per farglielo conoscere, non ebbe alcun problema, come dovrebbe essere".
Lei è diventato sindaco quando stava giusto passando la legge sulle unioni civili. Le è capitato di celebrarne qualcuna?
"Sì. È sempre un momento di celebrazione dell’amore, così come quando la coppia è formata da lei e lui".