Meldola, 13 aprile 2018 – I vicini di casa si sono stretti attorno alla signora Severina, rimasta sola dopo aver visto morire la figlia Elisa e il marito spararsi (ora è ricoverato in Rianimazione). Molti non sono andati a lavorare pur di starle vicino. Un’operatrice del soccorso la abbraccia: «Ti voglio tanto bene». Lei la accoglie con un abbraccio materno. Sorride, vicino all’amato nipote, accorso subito dopo la tragedia. Anche il colonello dei carabinieri Luca Politi, comandante della Compagnia di Forlì-Cesena le stringe la mano.
«È incredibile... è incredibile...» sussurra una vicina nel parcheggio del cimitero. «Severina e Francesco hanno dato tutta la loro vita per Elisa – racconta un vicino –. All’inizio, dopo la nascita, la portarono anche in Svizzera, a Berna, per avere una diagnosi sicura della sua malattia. Ma nessuno gli dette alcuna speranza. Elisa sarebbe rimasta così per tutta la sua vita...». «La chiamavano la ‘bambina’, erano sempre vicini ad Elisa, non la lasciavano mai un minuto – rimarca Corrado, amico di famiglia –. Ogni mattina aspettavano la navetta della casa di cura dove stava di giorno, nell’ex seminario. Severina e Francesco dicevano che in questo modo anche Elisa ‘andava a scuola’, come gli altri bambini».
Grande strazio anche al centro socio riabilitativo diurno e residenziale ‘Casa Nostra Signora di Fatima’, in via delle Caminate 2, a Meldola. Un centro mandato avanti grazie all’associazione Silenziosi operai della Croce. Qui operano 5-6 suore appartenenti all’associazione, aiutate da alcuni volontari. La struttura, racconta chi ci ha lavorato, «è una vera e propria famiglia». E la reazione, spiega la direzione del centro socio riabilitativo, «è proprio quella di una famiglia. Siamo feriti, addolorati e costernati da quanto successo. Non ce lo potevamo aspettare. Siamo stati colpiti nei nostri affetti più cari».