MATTEO BONDI
Cronaca

Coronavirus Forlì. "Niente tampone a chi è guarito". La Ausl nega l’esito all’infermiera

La donna, contagiata in primavera, si sottopone al test al rientro dalla Sardegna L’azienda: "C’è il rischio di falsi positivi". Pregliasco: non condivido

Dall’inizio della pandemia, in Emilia Romagna sono stati effettuati 1.077.776 tamponi

Forlì, 20 settembre 2020 - "Mi preoccupo per le persone che mi sono vicine. Purtroppo ci sono passata e, considerando la situazione, non avere l’esito del tampone non mi lascia tranquilla". Sono le parole di Federica (il nome è di fantasia), infermiera del Forlivese: lavorando in àmbito sanitario, era stata contagiata dal Covid-19 la scorsa primavera. Poi è arrivata l’estate: "Sono tornata i primi giorni di settembre da una vacanza in Sardegna. Appena poche ore dopo, sono andata a sottopormi al tampone drive-through presso il palasport di Forlì, come prevede il protocollo".

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Il bollettino Covid del 20 settembre

L’esito era atteso il giorno dopo. "Ma mi hanno chiamata dall’Igiene Pubblica dicendomi che il tampone non sarebbe stato analizzato perché, essendo io già stata malata e guarita, non potevo ammalarmi ancora". Dunque Federica può tornare a curare i suoi pazienti pur essendo reduce da una regione ’a rischio’ come la Sardegna. 

Raffaella Angelini, direttore del dipartimento di Igiene Pubblica dell’Ausl Romagna, conferma la prassi, anche se con una spiegazione diversa: "È possibile ammalarsi di nuovo di Coronavirus: esistono casi di recidiva". E allora perché non verificare? "Se uno è stato malato, anche se poi guarito, c’è la possibilità che il test sia falsato. In poche parole, la persona sta bene, ma potrebbe risultare positiva al tampone. Quindi abbiamo adottato la prassi di non sottoporre al test coloro che sono guariti e sono senza altri sintomi". Federica sta bene, ecco perché l’Ausl non analizza il suo tampone.

"La persona che dovesse risultare positiva dovrebbe poi essere sottoposta al regime di quarantena, con tutte le conseguenze del caso. Abbiamo casi di persone che sono risultate positive al tampone per mesi, anche se, evidentemente, guarite. Lo facciamo per tutelare la persona". La situazione è paradossale perché Federica sta bene, ma potrebbe essersi nuovamente contagiata come asintomatica e andrebbe a contatto con persone ’fragili’, ricoverate nella struttura in cui lavora. Viceversa potrebbe avere normali sintomi di raffreddamento ed essere costretta alla quarantena da un ’falso positivo’.

"In vacanza sono stata molto attenta – sottolinea Federica –. Sono rimasta lontana dai luoghi affollati, ma la sicurezza del tampone non ce l’ho e la cosa mi sembra assurda, anche perché ormai me lo avevano fatto. Era solo da analizzare". E aggiunge: "Anche la risposta che mi è stata data al telefono mi ha lasciata stupita. A una mia richiesta di chiarimenti è stata anche ribadita: secondo l’operatore con cui ho parlato non posso contrarre nuovamente il Covid".

Il virologo Fabrizio Pregliasco (direttore dell’istituto Galeazzi di Milano), contattato su questo caso, conferma il problema dei ’falsi positivi’ ma si dissocia dalla condotta dell’Ausl. "Purtroppo non sappiamo ancora esattamente cosa succede quando un paziente risulta di nuovo positivo. Anche a distanza di settimane o mesi, il tampone potrebbe rilevare segmenti di genoma non vivente. Purtroppo, però, vanno trattati come tutti gli altri positivi".

L’Ausl invece non ha nemmeno analizzato il tampone: "Questo non va bene. Se volete, possiamo aprire un dibattito scientifico, ma il tampone andava fatto. A maggior ragione se la paziente svolge una professione sanitaria a contatto con persone con altre patologie. Non conosco altre Ausl dove si segua questo criterio".