REDAZIONE FORLÌ

"C’è chi ha chiamato infermieri dall’India"

Mauro Neri, presidente di Confcooperative: "Dal sociale all’edilizia, è difficile trovare le figure giuste. Faticano anche Amadori e Orogel"

di Fabio Gavelli

"La mancanza di manodopera è in assoluto uno dei problemi più gravi che affliggono le aziende. Abbiamo fatto una stima presso le nostre 600 cooperative associate in Romagna: hanno bisogno da 5mila a 7mila persone". Mauro Neri, dal 2020 presidente di Confcooperative Romagna, conosce bene il tema.

Neri, da dove nasce questa difficoltà?

"Viene da lontano. Le politiche attive per il lavoro non sono state efficaci e chi le mette in pratica non è a conoscenza dei bisogni delle aziende".

Ci sarà anche dell’altro.

"Certamente. La parola è ’integrazione’. L’Italia è il Paese più anziano al mondo, subito dietro al Giappone. O ci mettiamo in testa che le persone che arrivano dall’estero vanno gestite e formate e saranno una risorsa fondamentale, altrimenti se continuiamo a dire che vengono tutti per rubare, saremo nei guai. Poi concordo che dovrebbero entrare in modo meno invasivo dei barconi".

Molti giovani lamentano che i posti offerti sono precari e poco pagati: hanno ragione?

"Sì, è un ulteriore problema. Tanti stipendi non sono adeguati al carovita e alle aspettative. È vero che bisogna pur lavorare per vivere, ma se il salario non permette di arrivare a fine mese, le motivazioni cadono".

Colpa dell’assistenzialismo?

"Anche. Il reddito di cittadinanza e alcune forme di sostegno vanno riviste".

Quali aziende stentano di più a trovare i profili richiesti?

"Risposta facile: tutte. Al top ci sono i settori stagionali, come l’agricoltura e il turismo. Nell’agroalimentare vediamo imprese come Orogel, Amadori o Agrintesa che lamentano la mancanza di centinaia di persone, che tra l’altro servono in un determinato momento, perché la frutta se non la raccogli nel periodo giusto poi va buttata. In riviera cercano camerieri e personale di cucina: invano".

Avete molte cooperative nel sociale: cosa succede?

"Abbiamo delle associate che hanno chiamato infermieri persino dall’India. Inoltre non ci sono abbastanza operatrici socio-sanitarie. Se si aggiungono quelli che si sono licenziati per andare a lavorare nel pubblico, abbiamo un settore in crisi".

E l’edilizia?

"Quasi peggio, se possibile. Occorrono operai e muratori specializzati, ma sul mercato non se ne trovano. E potrei continuare a lungo, dalla logistica ai servizi, fino ai trasporti".

Cosa si dovrebbe fare almeno per affrontare il problema?

"Chiariamo subito che sono argomenti molto difficili: slogan e annunci non servono a niente. Ciò premesso, dove lavorare con progetti seri e strutturati è la scuola, attraverso l’orientamento, formazione e integrazione dei nuovi arrivati. Su quest’ultimo punto capisco che vada fatta una selezione: bisogna capire chi viene da noi con cattive intenzioni e chi invece ha requisiti e voglia per lavorare: questi vanno formati e inseriti".