REDAZIONE FERRARA

Spal, l’uscita dal tunnel. Organico incompleto e carattere assente: serve meno integralismo

La squadra ha bisogno di coprirsi le spalle e Dossena ora ne prenda atto

La squadra ha bisogno di coprirsi le spalle e Dossena ora ne prenda atto

La squadra ha bisogno di coprirsi le spalle e Dossena ora ne prenda atto

Se per una volta, una soltanto, è consentita una personalizzazione, siamo rientrati da Campobasso con un pullman di tifosi, per via dello sciopero dei treni. Partenza dal Molise alle 14,45, arrivo a Ferrara alle 22,30. Loro, quei tifosi - capitanati da Ricky Lazzari, già centrocampista e allenatore dei giovani nella Giacomense - , e così pure tutti gli altri del coraggioso manipolo di 185 pazzi di Spal, avevano messo la sveglia alle 3 del mattino per partire alle 4,15, e grazie tante Lega per il lunch-match. Il torpedone nel rientro ha impiegato 8 ore. Se non è commovente attaccamento questo… Ora, non si vuol fare basso populismo, ma è chiaro che quando dagli spalti lanciano il coro "Meritiamo di più", i tifosi sanno quel che dicono.

Alcuni davano la loro stagione per chiusa a Campobasso, che Eboli in fondo non è lontana; altri preparavano già il viaggio ad Arezzo. Mirco Antenucci sa: lui quel "di più" alla causa in anni passati lo ha già donato. Tocca a tutti gli altri, adesso. Almeno in quei termini di cuore e fame che erano stati promessi in estate. I discorsi sono due. Uno riguarda la costruzione di un organico che, anno dopo anno, non torna mai. Nell’era Tacopina, o manca un centravanti, o un portiere, o un’ala e un’altra punta come quest’anno, ma qualcosa finisce sempre per mancare. E mai la società è in grado di garantire sostituti adeguati alle prime linee, cosicché bastano poche assenze a squilibrare l’intero apparato. Tra parentesi, in queste poche giornate sono incappati in infortuni muscolari Karlsson (sia pure in coincidenza con un trauma), Calapai, Awua, El Kaddouri e ora Bassoli, e se vai a indagare, quelli saliti in ritiro con Dossena fino a domenica stavano tutti benone.

Dunque, arrivare allenati e svolgere la preparazione dall’inizio è ancora un valore, per quanto dimenticato. I problemi di organico fan poi sì che la Spal parta male, e così via alla giostra dei cambiamenti tra sede, panchina e campo, nessuno dei quali fautore di successi. Joe questo forse lo sta capendo e si è tenuto Dossena, che ovviamente deve inviare segnali. Qui si innesta il secondo argomento. Per quanto incompleta, la Spal non può essere questa che umilia i tifosi al punto da far loro storcere il naso dopo una vittoria in trasferta a Rimini.

Il naso in realtà aveva già capito tutto, e fiutava quel che si è visto a Campobasso. Da Calapai a Mignanelli, Sottini, Zammarini, Radrezza e Karlsson, sono giunti i profili che Dossena e Casella volevano fortemente e hanno inseguito a lungo. Dovevano conoscerli bene anche sul piano morale e caratteriale, dunque. La loro Spal non può essere tutta qui, anche se sta faticando a dar loro ragione. In Molise, solita musica: errori difensivi, scoramento al gol subìto e mancata reazione, fino alla resa totale in secondi tempi senza smalto. La Spal che nelle primissime giornate rimontò due reti all’Ascoli e due su tre alla Lucchese si è spenta. Il pallone racconta che quando becchi gol su gol perdi ogni sicurezza e vai in crisi. Dossena ne deve prendere atto. Se non copre la balbettante difesa, andrà a sbattere. La squadra ha bisogno di aiuto ora, di ripararsi le spalle. Non è vergogna vincere a 5-3-2 in ripartenza, quando serve. D’accordo il pugno duro coi giocatori, ma anche per il tecnico è il momento del pragmatismo, non dell’integralismo. Venerdì arriva la capolista Pescara: è la migliore occasione per tornare a rispondere presente.

Mauro Malaguti

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