La commozione per il compagno di squadra scomparso nel 2021. "Una dedica? A Filippo Mondelli. Premiati tanti sacrifici fin qui»

Ancora Luca: "Due mesi fa ero bloccato alla schiena ma questo era l’ultimo ferro che mancava alla collezione".

"Una dedica? A Filippo Mondelli. Premiati tanti sacrifici fin qui"

«Ho voluto ritornare sul quattro perché è una barca che adoro e c’erano più possibilità di stare sul podio. E volevo completare l’opera», dice Rambaldi

Un argento straordinario quello di Luca Rambaldi, arrivato dopo un cambio quasi in corsa, dal due di coppia per tornare all’antico amore del quattro, arrivato nonostante una dimenticanza in partenza, arrivato soprattutto per Filippo Mondelli, il compagno di squadra di una vita fulminato da un tumore alle ossa nel 2021 quando l’imbarcazione italiana, con lui, sembrava imbattibile: "Era un percorso incompiuto" racconta Rambaldi con la voce rotta dall’emozione.

Incompiuto perché?

"Perché non eravamo ancora riusciti a dedicare una medaglia olimpica a Filippo Mondelli. La vedete quella bandiera, quella che il mio compagno Andrea Panizza ha al collo?".

Sì certo. Cosa significa?

"È la bandiera che i genitori di Filippo ci hanno portato qui, a mano, prendendo i biglietti apposta per vederci. Hanno speso un sacco di soldi per vedere noi ed Elisa Mondelli, la sorella. Questo era il sogno che coltivava lui e che la sfortuna gli ha tolto. Portare la sua bandiera su uno dei gradini del podio è il massimo per noi, la dedichiamo a lui, alla sua famiglia, a chi ci ha sostenuto in questo periodo di alti e bassi".

Alti e bassi, ci spieghi...

"Questo argento è arrivato con tanti sacrifici ma senza mai pensarci, ai sacrifici. Due mesi fa ero fermo per i dolori alla schiena. Non ho mai mollato però. È l’ultimo ferro che mancava alla mia raccolta di medaglie appesa al remo sul muro di casa".

Ci racconta la gara?

"Volete sapere che errore ho fatto prima della partenza?".

Errori? Non ne abbiamo visti... "E invece... Avevo preparato tutto nei minimi dettagli, compresa la distanza nel monitor del Gps, una cosa che faccio sempre. Al via mi sono accorto di non aver premuto lo ‘start’: vedevo i colpi, ma i metri erano sempre fermi, non sapevo dove eravamo".

E quindi come ha fatto?

"Ho fatto tutto come quando ero un ragazzino, con la visione periferica. Sono io che chiamo le andature, i miei vent’anni di esperienza si sono sentiti lì. Alla fine è venuta fuori una gara perfetta".

Volevate questa medaglia con tutto il cuore, vero?

"Sono contento di aver portato il mio contributo. Puntavamo a vincere, ma l’argento non è affatto un dispiacere, perché la mentalità giusta per stare sul podio è quella di mettere nel mirino l’obiettivo grosso".

Una medaglia arrivata dopo un cambio d’imbarcazione. "Sì, è stata una richiesta che ho fatto io quest’anno, il mio compagno di doppio Matteo Sartori sapeva della mia volontà e mi ha accompagnato nel percorso. Ho voluto ritornare sul quattro perché è una barca che adoro e c’erano più possibilità di stare sul podio. E volevo completare l’opera".

Alessandro Trebbi

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