Ferrara, 29 dicembre 2022 – “Ero tentato di mandare tutti affan...Ma poi sono venuto in Consiglio". Ecco, nelle parole del capogruppo del Movimento 5 Stelle, Tommaso Mantovani è racchiuso un sentimento piuttosto comune su una querelle – quella legata al reintegro della consigliera Arquà – che finalmente ha visto il suo epilogo ieri pomeriggio. La delibera con cui l’Aula ha preso atto del reintegro della consigliera (e della permanenza in consiglio del capogruppo del Carroccio, Stefano Franchini) in forza della sentenza del Consiglio di Stato, è passata. Piuttosto ampio il ventaglio degli astenuti. Rossella Arquà, dunque, è a tutti gli effetti nuovamente una consigliera comunale.
L’effetto visivo è importante e dà l’idea del clima che si respira dalle parti della maggioranza, in tutte le sue sfumature. Il gruppo Lega (quel che resta), si collega da remoto, così come tutti gli altri consiglieri di maggioranza , alcuni dei quali si collegano da uffici poco distanti dall’aula del consiglio. Simbolicamente l’intento era quello di lanciare il segnale. Ma Rossella Arquà, negli scranni di destra, non è sola. Dietro di lei ci sono Francesca Savini, Catia Pignatti e Luca Caprini. Ferrara Nostra al gran completo. In presenza. Addirittura Savini, poco prima della dichiarazione di voto, invita i consiglieri di minoranza "ad avere più rispetto" e di rivolgersi ai colleghi "in maniera corretta".
La tensione si taglia col coltello. Gli spalti del pubblico sono pieni, tra forze dell’ordine, curiosi, semplici cittadini e militanti di partiti. Si intravedono, in alto, i segretari del Pd, Alessandro Talmelli (comunale) e Nicola Minarelli (provinciale). Dopo una discussione di pratica consiliare su una richiesta agli atti avanzata dalla consigliera dem, Deanna Marescotti, durante la quale interviene anche il direttore generale Sandro Mazzatorta, si arriva al punto cruciale. Per un momento si prova la sensazione che l’Aula del Consiglio si trasformi in tanti consessi contemporaneamente. Direttorio, aula di tribunale, mercato del pesce. Frequenti e a tratti sopra le righe alcuni interventi dal pubblico. Il presidente del Consiglio Comunale, Lorenzo Poltronieri, agita la campanella. Ma su di lui si allunga l’ombra della destituzione. A più riprese gli viene contesta la terzietà.
Durante il dibattito, l’opposizione fa leva sul fatto che si tratta "di una questione tutta interna alla Lega". Ma il sindaco Alan Fabbri non ci sta. Durante il suo intervento sostiene il suo vice a spada tratta, perché "Lodi potrà avere modi che a qualcuno non piacciono – così il sindaco – Ma non per questo sono giustificabili le lettere di minaccia che gli sono state rivolte". Dopo un excursus sui "fallimenti amministrativi della sinistra, dall’azzeramento della Carife alla costruzione di un ospedale a diversi chilometri dalla città", Fabbri richiama al tema della sicurezza. "I partiti che oggi vogliono tutelare chi manda lettere anonime – sbotta – sono gli stessi che negavano l’esistenza della mafia nigeriana in Gad". L’accusa all’opposizione è duplice. "Ho sentito tante ricostruzioni demagogiche da parte della sinistra – scandisce Fabbri – e mi dispiace che da parte loro, in questi anni, non siano mai arrivate controproposte concrete per la nostra città e per i temi che interessano ai ferraresi". I consiglieri non presenti in Aula? "Questione di sicurezza, è legittimo". E l’appello finale è rivolto alla consigliera Arquà: "Spero che passi all’opposizione, perché non è degna di rappresentare questa maggioranza. Eticamente, avrebbe fatto bene a dimettersi". Invece, è ancora là. Eh già.