Ferrara, 17 aprile 2023 – Si chiama bar 24, come le ore che segna la lancetta dell’orologio. Si trova sulla statale 16, è aperto giorno e notte, non stop. Il camionista si ferma e sa che lì troverà un panino con la mortadella, una birra e un sorriso. Qui hanno bisogno di personale come e più del pane. Giovanni Scapini, nato il 1961, nella sua unica vita è stato imprenditore edile, commerciante in Qatar di piastrelle e mobili di lusso (‘I clienti erano gli sceicchi, lì sono tutti sceicchi’, dice), adesso fondatore e proprietario di bar che non chiudono mai a Este, Verona, in provincia di Mantova, a Lonato del Garda (Brescia).
“Trovare personale? Una lotta. Potrei aprire altri cinque bar, non riesco perché non ci sono ragazzi che vogliano rimboccarsi le maniche. Una si è arresa qualche giorno fa, in questi giorni sto facendo colloqui per trovare una barista per il locale che si trova davanti alla Sapienza, l’agriturismo. Vedremo come va a finire, immagino già cosa mi dirà. C’è chi prende il reddito di cittadinanza, si è fatto i conti. Se stanno a casa prende gli stessi soldi, non ha spese magari per spostarsi. Ti guardano, ti dicono che preferiscono il reddito". Racconta scenari che magari conoscono gli addetti ai lavori, quasi inverosimili.
“Un collega è venuto in uno dei miei bar, mi ha ‘rubato’ la cameriera. Ha detto che le dava 4 euro in più, è andata via. E’ una lotta, ci facciamo concorrenza tra noi per avere personale".
La ragazza poi ci ha ripensato, è tornata sui suoi passi. Troppo tardi. "I giovani non hanno ambizioni", parole che suonano come una sentenza. Non è aperto 24 ore su 24, ma è un’istituzione nel panorama della ristorazione, della pasticceria. Leon d’oro, vetrine con vista sulla piazza. Prendi un caffè, puoi anche pranzare. Marco Paganelli, il titolare, in pratica ci vive tra bancone e cassa. "Siamo qui dal 1972, abbiamo tagliato il traguardo dei 50 anni. Ha aperto mio padre, io in pratica sono nato qui", afferma.
Nei prossimi giorni festeggeranno il traguardo del mezzo secolo. Gioie, dolori. "Abbiamo 40 dipendenti, ce li teniamo stretti. E’ un’impresa trovare personale. Colpa del reddito di cittadinanza? Così dicono tutti, deve essere vero alla fine". Aveva 13 anni, usciva da scuola al suono della campanella e correva lì.
“Così i miei genitori potevano staccare per andare a pranzo. Come va adesso? Ci sono stati tempi migliori, ho pagato 19mila euro per uno solo dei contatori del bar. Seimila euro di gas. Tutto è più caro, tutto costa di più". Andriy Doroshenko, 30 anni, sposato, due figli, lavora lì da tre anni. E’ capochef. Ha cominciato a lavorare anche lui subito dopo il diploma nella scuola alberghiera. "Ho fatto uno stage al ristorante Archetto, dal 2011 lavoro. I giovani? Molti lavorano su Internet, preferiscono stare a casa davanti ad un computer".
Pochi passi, le vetrine e i tavolini sulla piazzetta. Macelleria e retrobottega Travagli. Sulla posta un cartello di un bel giallo. Di legge: "Cercasi personale". "Non è facile", dice Alessandro Primavera, un dipendente lì ormai da sette anni. Fi no a qualche mese fa cercavano un cuoco, l’hanno trovato dopo alcuni mesi. Un’impresa.
Ora serve personale di sala, come Alessandro, Miriam Petrucci e Valentina Nalli che al ‘Retro Bottega’ lavorano da qualche anno ormai. I proprietari sono Giacomo e Francesco Travagli, due fratelli. Il fondatore è il padre, Paolo. Sulla lavagnetta appesa fuori si legge ‘Proposte indecenti’, sotto sono elencati i piatti. Una tentazione l’aperitivo del fine settimana. Di nuovo Alessandro, poche parole che racchiudono una situazione ormai endemica.
"Noi lavoriamo quando la gente si diverte, siamo aperti la sera quando i ragazzi magari vogliono uscire di casa per andare a svagarsi. Siamo qui quando gli altri sono in ferie. Poi per fare questo lavoro servono persone affidabili, serie".
Lorenzo Cestari possiede tre negozi d’abbigliamento, due in via Garibaldi, uno in Bersaglieri del Po. Alza le braccia al cielo quando sente la parola ‘personale’. "I giovani non vogliono più fare questo lavoro, i negozi sono aperti adesso anche la domenica. A pochi piace lavorare nel giorno di festa, idem per il sabato".
Fa questo lavoro da 25 anni, era direttore commerciale di Coin. "Abbiamo creato un rapporto con la scuola di modellistica in via Canapa, i ragazzi finiscono di studiare e vengono nei nostri negozi a fare uno stage".
Quando finisce, finisce anche l’entusiasmo. "Peccato, è un settore che può offrire prospettive, un futuro", conclude amaro.