Ferrara, 20 luglio 2016 - Questa volta è la banca, come persona giuridica, ad essere chiamata in causa nella maxi inchiesta che sta rivoltando la città. Già, perché negli atti di Finanza e Procura viene contestato alla vecchia Carife, e alle altre coinvolte nello ‘scambio’ reciproco capitale-azioni relativo al fasullo aumento di capitale da 150 milioni di euro del 2011, il decreto legislativo 231 del 2001 che disciplina la responsabilità amministrativa di società ed enti. Ecco, dunque, che nel tourbillon di avvisi di garanzia, sei sono stati notificati la settimana scorsa a vecchia Carife, Banca Valsabbina, Popolare di Bari, Popolare di Cividale, CariCesena e Carife 6.
L’ACCUSA. Tutto poggia su una norma speciale, la 231 appunto, ben radicata ai capi di imputazione (bancarotta patrimoniale, falso e aggiotaggio) contestati ai 17 dirigenti e consiglieri della Cassa di Risparmio. Reati che la stessa Carife banca doveva impedire tutelandosi a priori. Come? Secondo gli inquirenti, infatti, l’istituto di corso Giovecca aveva il compito di adattare un modello organizzativo interno idoneo ad evitare ai propri amministratori di cadere negli illeciti di aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza. I pm Barbara Cavallo e Stefano Longhi, in particolar modo, contestano l’articolo 25 ter (lettere R e S): «delitto di aggiotaggio», ovvero la diffusione di notizie false. E «delitto di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza», i presunti controlli di Bankitalia e Consob che sarebbero stati ‘sviati’ dal quartier generale di corso Giovecca. E in caso di condanna? Sono previste sanzioni pecuniarie elevatissime, espresse in quote, anche se il tutto verrebbe calibrato in base alla capacità patrimoniale di ogni istituto di credito.
COMPENSAZIONE. Ma perché le altre banche locali? L’indagine sull’aumento di capitale della Cassa – ad oggi 27 informazioni di garanzia tra persone fisiche e giuridiche – ha portato alla luce l’esistenza, cosiddetta mediata, di una reciproca sottoscrizione di azioni tra Carife e gli altri quattro istituti coinvolti (più la società ‘veicolo’ Carife 6) per oltre 22,8 milioni di euro. Le banche, cioè, prestavano a Carife quella cifra vitale per l’aumento di capitale, Carife poi comprava azioni dallo stesso istituto per uguale importo. Una sottoscrizione, vietata dall’articolo 2632 del codice civile, che non poteva cambiare di una virgola i patrimoni effettivi di entrambe. Per questo ‘giochino’ sono già stati indagati i quattro rappresentanti legali pro tempore di oggi e di allora: Ezio Soardi (Valsabbina, in carica), Germano Lucchi (ex presidente di Cesena), Marco Jacobini (Popolare Bari, in carica), Lorenzo Pelizzo (ex di Cividale). Ora gli altri sei ‘avvisi’ alle banche.