Ferrara, 26 marzo 2020 – “Prima con la scusa di dover uscire per fare la spesa o andare dal medico, le donne vittime di violenza domestica riuscivano a venire al Centro Donna Giustizia, ora forse si sentono delegittimate. Una situazione che se prima non era piacevole, ora lo è ancora meno”.
Ai tempi del coronavirus, stare in casa vuol dire anche calo drastico delle chiamate delle donne maltrattate ai centri antiviolenza, anche se non mancano quelle che hanno avviato l’iter per uscire di casa. Dati sintomatici per Monica Borghi, referente del progetto ‘Uscire dalla violenza’ del Centro Donna Giustizia. “Ora è tutto molto più difficile – spiega Borghi - C’è stata una diminuzione drastica delle chiamate. Il maltrattante può controllare maggiormente le comunicazioni, essendo anche lui sempre a casa”. Contattare i centri è però ancora possibile: c'è un numero nazionale attivo sempre, il 1522, e la app 1522 antiviolenza e stalking. Oltre al supporto telefonico, il centro di Ferrara rimane aperti anche in questi giorni. “Quelli in provincia sono attivi solo telefonicamente – spiega la referente per il Centro Donna Giustizia - mentre quello di Ferrara è aperto anche per accogliere donne in situazioni di emergenza”. Ma quali sono queste situazioni di emergenza? “Riguardano i casi di quelle donne che sono riuscite a scappare dalla propria abitazione, e che vengono accolte al centro per poi essere inserite in una casa protetta”. Questo non viene meno in periodo di coronavirus. “Ovviamente diventa tutto più difficile da gestire: con la questione della quarantena i tempi si dilatano”. Uscire dalla violenza si può, anche se ci sono le restrizioni da coronavirus. “Per raggiungere il centro antiviolenza una donna può uscire con l'autocertificazione – specifica Monica Borghi - attestando lo stato di necessità. In caso di controllo, sarà sì necessario dire che ci si sta recando al centro, ma non sarà necessario specificarne i motivi”. E ci sono già stati casi nuovi di donne che hanno chiesto aiuto al centro. “Ne abbiamo in albergo. E i casi non mancano. Il coronavirus – commenta - sta mettendo in luce tutti i problemi che ci sono, anche in famiglia”. Ma qual è l’iter per uscire dalla violenza domestica? “Normalmente la situazione va prima organizzata, anche traumaticamente parlando. Con bimbi, eventualmente. Ora, invece, è innanzitutto fondamentale che la donna non abbia il coronavirus, ma tamponi per accertarlo non ci sono. Quindi, da protocollo, si procede a una quarantena di 14 giorni in albergo. Dopo di che, una volta inserita nella casa, ciascuna ha il suo appartamento e nelle zone comuni devono andare a turno, sanificando poi con alcol. Le mascherine non ci sono ancora arrivate e abbiamo sollecitato il Comune anche nei giorni scorsi”. Per chi sta subendo violenza e non può telefonare, “può contattare il centro più vicino mandandoci messaggi – chiarifica subito Monica Borghi - sfruttando quei pochi momenti in cui è sola”, e sulle situazioni che già il centro sa come difficili, “ora teniamo monitorato. Non possiamo chiamare, ma mandiamo messaggi. Ora è tutto davvero più difficile, è come camminare sulle uova”. Per contattare i centri antiviolenza è attiva su Facebook la pagina Centro Donna Ferrara (si possono mandare messaggi via Messanger), e poi ci sono i contatti telefonici: il fisso 0532.247440 e anche lo 0532.410335 sono attivi dalle 8.30 alle 18, anche per consulenze legali e psicologiche telefoniche. Sono attivi anche i numeri di cellulare 339.7754419 (Argenta), 339.6841906 (Cento), 345.9689898 (Codigoro e Comacchio).