Una lite degenerata fa scattare l’ammonimento del questore, ma il Tar ‘impallina’ il provvedimento. La lotta alla violenza di genere passa anche per misure preventive, ricorsi e carte bollate. Nel caso in questione, che prende le mosse da un episodio avvenuto in città nel maggio scorso, i giudici del tribunale amministrativo hanno annullato l’atto elencando una serie di motivazioni tra cui una "insufficiente istruttoria, che l’amministrazione potrà rinnovare conducendo gli approfondimenti del caso".
I fatti, come accennato, risalgono alla primavera scorsa. La vicenda è la cronaca di uno dei tanti episodi di violenza domestica che purtroppo continuano a susseguirsi. Si parla di una lite con presunte percosse e un passaggio al pronto soccorso. Ne è seguito l’ammonimento del questore nei confronti del presunto autore della violenza ai danni della donna con cui intratteneva una relazione. La misura è stata però impugnato davanti al Tar. Il ricorrente ne ha chiesto l’annullamento per due ragioni. Primo, non ci sarebbe la richiesta di apertura del procedimento da parte della persona offesa. Secondo, la misura sarebbe stata applicata in maniera scorretta per "difetto di istruttoria, eccesso di potere per travisamento dei fatti, erronea considerazione degli elementi a carico e mancata considerazione degli elementi a discarico". Valutati gli atti, nei giorni scorsi il Tar dell’Emilia Romagna si è espresso. Il primo motivo di impugnazione risulta infondato, in quanto la normativa prevede che "il questore possa agire anche in assenza di querela di parte". In sostanza, "nei casi come quello in esame di violenza domestica non risulta necessaria la richiesta di ammonimento da parte della persona lesa".
È stata invece ritenuta accoglibile la seconda istanza perché, seppure ai fini dell’ammonimento non sia necessaria la "prova della commissione del reato", è "pur sempre necessario il riferimento a elementi dai quali sia possibile desumere un comportamento persecutorio". Elementi che, in questo caso, non sarebbero così solidi. Nel provvedimento, scrivono i giudici amministrativi, risulta "mancare la dimostrazione della sussistenza di detto presupposto" a fronte di una ricostruzione del ricorrente in cui si spiegano "gli sviluppi della relazione con la presunta vittima, evidenziando che quella che è sembrata essere una violenza era un intervento in realtà finalizzato a garantirne l’incolumità". Insomma, secondo il Tar sono numerosi gli elementi che avrebbero "necessitato di approfondimento". Da qui l’annullamento dell’atto.
f. m.