Un quattro novembre di nebbia. L’atmosfera richiama – vagamente – quella che i grandi schermi ci hanno restituito sulle trincee della Prima Guerra Mondiale. In effetti, i richiami ai ragazzi del ’99 sono stati diversi negli interventi che si sono succeduti ieri mattina all’ombra del tricolore issato davanti al Duomo sulle note di Mameli. Al comandante del Coa, Luca Maineri, spetta la lettura del messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Toccante, profondo. Di quella gravitas antica che richiama alla "difesa della libertà" identificata come missione prioritaria per le nostre forze dell’ordine. Nelle parole del capo dello Stato ci sono cenni ai conflitti in corso: dall’Ucraina al Medio Oriente, e un pensiero commosso ai caduti di ogni guerra. Omaggiati, anche a Ferrara – dove simbolicamente riposano nel famedio – con la deposizione di una corona d’alloro. "Le nostre forze armate – le parole di Mattarella pronunciate dal generale – continuano a operare in terre lontane in numerose missioni, sottolineando con il loro impegno la vocazione del nostro Paese a coltivare e preservare il rispetto del diritto internazionale. Soldati, marinai, avieri, carabinieri, finanzieri e personale civile della Difesa – prosegue –, il vostro servizio alla Repubblica, alla quale avete giurato fedeltà, merita il plauso e la riconoscenza dei nostri concittadini".
I ragazzi del ’99, dicevamo. Più in generale, i giovani. È a loro che il prefetto, Massimo Marchesiello si rivolge prioritariamente. L’orizzonte è quello scolpito dall’articolo 52 della Costituzione. "Sacro dovere del cittadino – ricorda il rappresentante del governo – è quello di difendere la Patria. Un amor patrio ribadito dai costituenti, anche come elemento di diversità rispetto al nazionalismo fascista". Ciò su cui non dobbiamo indietreggiare è la memoria. "Non dobbiamo correre il rischio dell’oblio – prosegue – riflettendo sul presente e sul futuro. A noi il compito di esortare i giovani a essere cittadini consapevoli e responsabili".
Le parole di Giuseppe Mazzini, moralmente il vero padre della Patria, fanno da sfondo a una mattinata che sa di appartenenza e gratitudine. Le autorità sono schierate, l’una accanto all’altra. Gli onori, sono per le forze armate a cui anche il vicesindaco, Alessandro Balboni, rivolge il suo pensiero. Per il numero due della giunta il IV novembre rappresenta "una tappa fondamentale della costruzione della nostra democrazia". Quando, nelle fredde trincee, "si completò il processo di unificazione del Paese". Più di uno sostiene, infatti, che è proprio tra le pallotte e le giberne congelate che nacque lo spirito patrio più autentico. Molti anni dopo rispetto al 1861. Anche Balboni, ancora una volta, si rivolge direttamente ai giovani esortandoli ad essere "orgogliosi di essere italiani", non senza prima aver ricordato in modo commosso il defunto Giorgio Pancaldi, storico presidente dell’associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra. È di Martino Ravasio, presidente della consulta studentesca, la sottolineatura sul senso del ricordo dei conflitti come "monito che conferma l’importanza della pace". I gonfaloni pian piano abbandonano la piazza, sulle note del Piave. Che ancora mormora.