Cristiano Bendin
Cronaca

Una protesta prevedibile

Ferrara, 19 settembre 2015 - Impedire ad una persona di parlare non è «fascismo», come sull’onda dell’emozione e della rabbia qualche iscritto al Pd ha sbrigativamente urlato sui social per definire l’indegna manifestazione di protesta inscenata dai sindacati della scuola per zittire il ministro Giannini. E’ un segno di grande violenza e di intolleranza, senza colori, senza parti politiche e senza scusanti. E ha sbagliato chi, pur avendo magari buone ragioni da contrapporre alla riforma della ‘buona scuola’, non ha accettato l’invito ad approfittare dell’occasione per interloquire col ministro, trasformando le urla in confronto, anche acceso. Sono quindi comprensibili l’amarezza e la delusione dei dirigenti e militanti del Pd ferrarese che giovedì si sono trovati a fronteggiare il malcontento dei manifestanti. Tuttavia ciò che era successo era largamente prevedibile e forse non è il caso di drammatizzare o enfatizzare (come quella militante che ha definito merd... gli urlatori). Chi governa e decide - e il governo Renzi sta decidendo, a volte anche a costo di fare strappi rispetto a prassi consolidate del passato - può anche scontentare qualcuno. Un fatto, questo, del tutto inedito in una Italia dove non si è mai deciso nulla senza l’unanimità e il «sì» della Triplice... e infatti si vede come siamo ridotti. Ma un fatto col quale la classe dirigente del Pd ferrarese ed emiliano deve fare i conti e imparare a convivere. Resta solo un dubbio, credo legittimo: quanti di coloro che giovedì hanno urlato slogan ritriti e altisonanti («assassini della scuola», ma stiamo scherzando?) erano effettivamente professori, precari o studenti? Quanto c’è stato di strumentalizzazione? E’ proprio vero che il governo non ha «mai ascoltato»?