di Cristina Rufini
FERRARA
Potrebbe davvero avere se non le ore, i giorni contati l’assassino di Riccardo e Dario Benazzi, i cugini codigoresi di 64 e 70 anni trovati carbonizzati sul sedile posteriore di una Volkswagen Polo, la sera del 28 febbraio scorso nelle campagne di Rero di Tresignana. Il cerchio che stanno disegnando gli investigatori da giorni, si sta stringendo attorno a un novero di persone che avrebbero avuto a che fare con Riccardo, il più giovane dei cugini. E’ lui il perno su cui sta ruotando l’inchiesta aperta come duplice omicidio volontario. Venuta a cadere quasi subito la pista del duplice suicidio oppure omicidio-suicidio, i carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale, coordinati dal pm Lisa Busato, si sono concentrati sugli spostamenti dei cugini quella domenica mattina e dell’autovettura intestata all’ex moglie di Riccardo e che lui stava utilizzando da alcuni giorni. I militari si sono messi alla ricerca anche di telecamere nella zona che potessero avere ’catturato’ spostamenti o particolari movimenti da ricondurre all’omicidio. Sarebbero stati passati al setaccio anche eventuali targa system sulle strade che abbracciano quel quel fazzoletto di territorio dove si è consumato l’efferato delitto prima e la distruzione dei cadaveri con il fuoco poi.
Ricostruzione. Potrebbe essere stata una lite finita male, magari non la prima che coinvolgeva Riccardo. Oltre probabilmente quello che era stato previsto anche dall’omicida, benché poi l’azione abbia assunto i contorni di una vera esecuzione: i cugini sono stati colpiti alle gambe e poi al petto con un fucile da caccia. Questo ha raccontato l’autopsia eseguita venerdì scorso: pallini di cartucce, forse calibro 12, sono stati trovati sia nelle gambe che nel tronco dei due poveri corpi bruciati. Quindi Riccardo e Dario sarebbero prima stati colpiti alle gambe e in un secondo momento finiti con spari al petto, quando erano a terra. Solo in un secondo momento, forse anche dopo un po’ di tempo, i corpi sono stati caricati sul sedile posteriore dell’auto e trasportati nel luogo dove è stata trovata, in località Rero e poi data alle fiamme, per cancellare ogni traccia. A quasi un chilometro di distanza da dove i Benazzi erano stati ammazzati.
Movente. Gli inquirenti fin da quando il quadro inidiziario ha cominciato a indirizzarsi sull’omicidio, hanno passato al setaccio le frequentazioni di Riccardo, piuttosto che Dario, il quale quella domenica era andato insieme al cugino per fargli compagnia. Riccardo era rimasto legatissimo a quel sogno di impianto eolico ’pulito’, progettato anni fa e il cui brevetto era stato iscritto a nome della società Gaia di cui lui era stato socio, e poi estromesso per contrasti insanabili con gli altri soci. Ma lui non se ne era fatto una ragione, rincorrendolo e passando molto del suo tempo a combattere con gli ex soci, con gravi onseguenze economiche. I giorni precedenti il delitto, sembra che Benazzi si fosse recato lì dove è poi è stato ucciso per organizzare lo smantellamento dell’impianto che si trovava ancora su un terreno dell’azienda fallita di cui Benazzi era stato socio. Aveva ottenuto dal curatore l’autorizzazione a occuparsi del recupero del suo prototipo. Ma qella domenica ha incontrato qualcuno che ha cercato di impedirglielo ed è nata una violenta lite? Oppure aveva un appuntamento? E perché ha voluto con sé Dario, aveva paura? E’ su questi interrogativi che stanno lavorando i carabinieri: raccogliendo testimonianze da familiari, amici, conoscenti e intrecciando i riscontri con quanto ricostruito di quella domenica. Alla luce della certezza che di omicidio si sia trattato, i parenti di Dario, per voce del loro avvocato Denis Lovison, fanno sapere di essere a disposizione "per fornire qualsiasi elemento o dettaglio sulle sue abitudini o conoscenze". La figlia di Riccardo, Sara, per il momento preferisce non rilasciare dichiarazioni.