FEDERICO MALAVASI
Cronaca

Cento, uccise la moglie invalida. Chiede la grazia a Mattarella

Giuseppe Parmiani è stato condannato a sei anni. Il suo legale ha ottenuto il differimento della pena in attesa del responso del presidente

I carabinieri

Cento (Ferrara), 17 dicembre 2019 - Pena definitiva ma ‘differita’ per Giuseppe Parmiani, l’86enne a processo per avere ucciso la moglie, Carmen Tassinari. All’inizio del mese la corte di Cassazione ha fissato a sei anni, due mesi e venti giorni la pena finale per il delitto, avvenuto il 2 maggio del 2015 in via Borselli, a Cento. A spingere l’anziano a rivolgere contro la consorte 80enne un grosso coltello da cucina è stata la disperazione per le gravi condizioni di salute della donna. A quattro anni dai fatti, la suprema corte ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria.

Per Parmiani esiste però ancora una speranza di evitare la pena detentiva. Il giorno successivo alla sentenza, infatti, il legale del pensionato – l’avvocato Giampaolo Remondi – ha depositato l’istanza di grazia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel contempo, ha inoltrato al magistrato di sorveglianza la richiesta di differimento della pena, in attesa della decisione del capo dello Stato. La prima conseguenza di queste richieste è stata la concessione del differimento in via urgente e provvisoria da parte del magistrato di sorveglianza.

Uno slittamento di sei mesi in attesa della risposta del Quirinale sulla grazia. Nel frattempo, gli atti relativi all’istanza sono stati inviati al tribunale di sorveglianza per il via libera definitivo. La decisione del presidente della Repubblica, attesa nell’arco di alcune settimane, potrebbe quindi chiudere il sipario una volta per tutte su una triste vicenda iniziata una sera di primavera di quattro anni fa. Anche quella volta come ogni giorno, dopo aver dato da mangiare alla moglie e averla lavata, Parmiani l’ha messa a letto. Non appena la donna si è addormentata, lui l’ha colpita con un fendente all’addome. Dopo averla uccisa si è consegnato ai carabinieri. Nelle ore successive all’arresto, il gip lo ha messo ai domiciliari. Venti giorno dopo, però, il tribunale della libertà lo ha liberato, accogliendo l’impugnazione della misura cautelare da parte dell’avvocato.

Nel giugno del 2016, il gup lo ha condannato a dieci anni di reclusione, ritenendo le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante di aver ucciso la consorte. Nel 2017, la corte d’Assise d’Appello ha ridotto la pena a nove anni e quattro mesi. Nell’aprile del 2018, la corte di Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado limitatamente all’attenuante del danno risarcito (Parmiani si era offerto di risarcire i figli, che non hanno accettato avendo compreso le ragioni profonde del tragico gesto del padre). A maggio 2019, l’Appello bis ha concesso l’attenuante riducendo la pena a sei anni, due mesi e venti giorni. Una decisione ora diventata definitiva dopo l’ultima impugnazione della difesa.