Condanne fino a due anni e mezzo per una presunta maxi truffa con al centro una somma di denaro partita dall’Ungheria e dirottata su un’azienda ferrarese attraverso un’operazione di pirateria informatica. Sono le richieste della procura per i due soci rimasti a processo per quei fatti, dopo che un terzo soggetto era stato condannato a un anno e mezzo di reclusione in rito abbreviato al termine dell’udienza preliminare davanti al gup Carlo Negri. Gli altri due (accusati a vario titolo di truffa internazionale, autoriciclaggio e simulazione di reato) avevano invece scelto il giudizio in rito ordinario, arrivato alle battute conclusive ieri mattina davanti al giudice Alessandra Martinelli. Ad aprire la discussione è stata la requisitoria del pubblico ministero Isabella Cavallari che, dopo aver ricostruito i fatti, ha chiesto due anni e sei mesi e tremila euro di multa per un 55enne di Rovigo e un anno e sei mesi e 400 euro di multa per un 49enne ferrarese. Le difese degli imputati hanno chiesto invece l’assoluzione, sottolineando come dietro alla vicenda ci fosse "una regia sottile" non riconducibile agli attuali imputati. Il giudice ha infine aggiornato l’udienza al 18 novembre per eventuali repliche e per la lettura della sentenza.
La vicenda al centro del processo nasce nel 2017 dall’acquisto di una sofisticata macchina per levigare il legno delle bare. I soldi per la compravendita del macchinario (124mila euro in tutto in due trance, 119.400 euro il 20 ottobre del 2017 e 4,752 il 24 ottobre del 2017) sarebbero partiti da una società ungherese e, invece di arrivare a destinazione nelle casse di un’azienda di Udine, sarebbero finiti sul conto di una ditta ferrarese. Nei rapporti tra le società, come spiegato anche dal pm Cavallari, si sarebbero inseriti degli hacker, rimasti però dei ‘fantasmi’. I tre soci, dopo la querela della società ungherese che si è attivata per avere il rimborso, sono finiti prima sotto indagine e poi a processo. Sono accusati di avere tenuto per sé una parte di quel denaro mentre una seconda tranche – la metà esatta, 84mila euro – sarebbe stata dirottata nella Repubblica Ceca. Un giro di denaro che, secondo la procura, sarebbe servito anche a ’ripulire’ i soldi ricevuti attraverso quello strano giro. La rimanente cifra, secondo quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stata spesa da due dei tre soci dell’azienda ferrarese, mentre al terzo sarebbero andati duemila euro di compenso a provvigione, considerando che quest’ultimo di fatto non aveva la gestione dell’impresa, non ci occupava di fatturazioni o di questioni amministrative, ma aveva appunto un provvigione sulle commesse procurate. Il verdetto del giudice, come anticipato, è atteso per la metà di novembre.