FEDERICO
Cronaca

Tra politica e ricordi Casini al Ridotto: "Tornare al territorio, come faceva la Dc"

Il senatore protagonista al teatro per presentare il suo nuovo libro. Tra un aneddoto e l’altro ‘duetta’ con l’amico di sempre Franceschini. "Io, Dario, la Prima Repubblica e gli anni vissuti tra legami e battaglie".

Tra politica e ricordi  Casini al Ridotto:  "Tornare al territorio,  come faceva la Dc"

Tra politica e ricordi Casini al Ridotto: "Tornare al territorio, come faceva la Dc"

di Federico

Di Bisceglie

"A son partì moroteo, a son turnà doroteo". Lo dice con un accenno di sorriso, ma lo scroscio di applausi è immediato. Di Dario Franceschini pochi conoscono la vena ironica, ma gli aneddoti raccolti nel libro di Pier Ferdinando Casini (‘C’era una volta la politica’), lo riportano in un altrove fatto di ricordi e amicizie. "Perché allora, facendo politica, si costruivano amicizie". In quel caso si trattava di un viaggio di ritorno da un congresso dei giovani Dc a Bergamo. "Un viaggio interminabile, a bordo di una Prinz", dice l’ex ministro, ma parte di quel "percorso formativo che spesso manca alla politica di oggi", aggiunge Casini. Tra loro c’è una consuetudine cementata in anni di cammino comune. "Come ha ben detto Dario", "come giustamente sostiene Pier". È così: un continuo palleggiarsi la scena senza mai mettersi in ombra. Due primi attori, co-protagonisti. Il regista della serata (organizzata al ridotto dell’Abbado, gremito, e resa possibile grazie alle fondazioni Carli ed Estense oltre che alla sponsorship di ‘Le Stagioni d’Italia’) è Paolo Bruni a cui spettano gli onori di casa. Ma quasi tutti, ieri sera, si sentivano un po’ a casa. Perfino il senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni ha abbracciato fraternamente "Dario e Pier Ferdinando". Sarà l’effetto Dc? Forse. O forse è il senso profondo del libro che è, scandisce Casini "un tentativo di rendere onore a chi ha dedicato la vita alla politica. Oltre a essere un inno alla Democrazia Cristiana. Un’esortazione anche alla politica di oggi a fare meglio, a tornare al radicamento territoriale e alla formazione politica che ha caratterizzato tutta la classe dirigente della Dc".

Lo stile esuberante di Casini è bilanciato dal tono a tratti laconico dell’ex ministro alla Cultura. "La cifra del moderatismo". Questa è la rotta su cui il moderatore, Cristiano Bendin (capo della redazione del Carlino Ferrara) stimola gli ospiti. Il sindaco Alan Fabbri confida la sua diffidenza verso questa parola ma sostiene la necessità di recuperare, dai tempi della prima Repubblica, "il rispetto reciproco tra avversari che caratterizzava il dibattito politico". Alla fine, in un momento di ‘outing’ anche Fabbri appare alla platea come il democristiano della porta accanto. Dice di sé di essere la "prova del compromesso storico: mia madre era comunista, mio padre democristiano". A proposito di aneddoti racconta quando venne l’allora ministro Nino Cristofori al consorzio di Pilastri. In platea più di un volto s’infiamma di una passione sopita. S’intravvede l’ex sindaco Tiziano Tagliani, il numero uno delle Acli Paolo Pastorello, l’ex segretario Dc Cesare Capatti. Anche il segretario comunale Pd, Alessandro Talmelli, sembra in visibilio. Annuisce spesso, come tanti. E quando la discussione vira sui leader dell’oggi, Casini non ha dubbi: "Se Fanfani è stato un grandissimo leader e padre della politica estera mediterranea dell’Italia, il fatto che Giorgia Meloni sia la prima premier donna in Italia è un fatto tutt’altro che banale". Facile il parallelismo con la neo segretaria dem, offerto come assist al "fratello" Franceschini: "Nella sinistra un po’ frastornata dalle tante sconfitte, Schlein ha saputo rappresentare il cambiamento". E la dicotomia Elly-Giorgia è "attenzionata da tutto il mondo".

Sul rapporto con i grillini, Casini è più attento, pur riconoscendone la maturazione, a rimarcarne le contraddizioni "l’autobus di Fico, il volo in seconda classe di Di Maio". Franceschini ha un piglio più morbido. Per lui il fatto che i 5 Stelle siano passati dall’essere populisti a forza del centrosinistra "è una vittoria che il Pd si deve intestare". Avrà ragione? Difficilmente sbaglia. Tant’è che, rivela Fabbri, "quando Franceschini ha sostenuto Schlein, ho capito che avrebbe vinto". La chiusura spetta al protagonista – Casini – che con sommo giubilo racconta di un’impresa andreottiana ai funerali di Eltsin. "Qui eravate tutti andreottiani", scherza. Ma ecco la risposta fulminea di Dario Franceschini: "Respingo questa accusa: sono sempre stato dall’altra parte". Anzi, qui a Ferrara "votare Casini era quasi un reato". Se c’era una volta la politica, ieri la città ne ha beneficiato ancora. Bentornata, Prima Repubblica.