FEDERICO MALAVASI
Cronaca

"Tortura in carcere a Ferrara". Tre agenti nei guai

La presunta vittima è Antonio Colopi, all’Arginone per avere ucciso lo chef Ugo Tani. Coinvolta anche un’infermiera: per la procura avrebbe mentito ai carabinieri che indagavano

Agenti della polizia penitenziaria (foto generica)

Agenti della polizia penitenziaria (foto generica)

Ferrara, 15 giugno 2020 - Avrebbero fatto spogliare un detenuto all’interno della sua cella per poi ammanettarlo e picchiarlo. Sono pesanti le contestazioni mosse nei confronti di tre agenti della polizia penitenziaria (presunti responsabili dell’aggressione) e di un’infermiera (accusata di averli coperti scrivendo il falso sul registro delle consegne e mentendo ai carabinieri che investigavano sui fatti). Le ipotesi di reato formulate a vario titolo a carico dei poliziotti sono tortura, lesioni, falso e calunnia.

AGGIORNAMENTO Ferrara, il detenuto aggredito condannato per resistenza Per quanto riguarda la tortura si tratta probabilmente del primo caso in cui questo reato (recentemente introdotto nel nostro codice) viene contestato sul nostro territorio. I fatti si sarebbero verificati il 30 settembre del 2017 tra le mura dell’Arginone. La presunta vittima si chiama Antonio Colopi. L’uomo è in carcere per aver ucciso a colpi di mannaia lo chef ferrarese Ugo Tani, delitto avvenuto nel 2016 a Pinarella (Ravenna). Oggi detenuto nel carcere di Reggio Emilia, all’epoca dei fatti Colopi si trovava in isolamento in una cella della casa circondariale estense. I tre agenti (difesi dagli avvocati Alberto Bova e Giampaolo Remondi) avrebbero raggiunto la stanza di Colopi per una perquisizione.

Atto eseguito, a dire della procura, in maniera “arbitraria”. Qui, sempre secondo le accuse, si sarebbe consumata la violenza. Uno degli agenti sarebbe entrato mentre gli altri due stavano fuori a fare il palo. Dopo aver fatto spogliare il detenuto, il poliziotto lo avrebbe fatto inginocchiare e lo avrebbe ammanettato per poi colpirlo con calci e pugni allo stomaco, al volto e alle spalle. Non solo. Sempre secondo le accuse, Colopi sarebbe stato picchiato anche con uno strumento di metallo utilizzato per il controllo delle inferriate. A quel punto il carcerato avrebbe avuto una reazione, colpendo l’operatore con una testata e danneggiandogli gli occhiali. La risposta, secondo quanto contestato, sarebbero state altre minacce e botte, alle quali avrebbero partecipato anche gli altri due agenti rimasti fuori fino a quel momento. Uno di essi, secondo la procura, avrebbe addirittura minacciato il detenuto puntandogli alla gola un coltello rudimentale. Dopo il pestaggio, Colopi sarebbe stato lasciato in cella ammanettato e in mutande fino a quando, circa un’ora dopo i fatti, non è stato trovato dal medico del carcere. Oltre alle violenze, si diceva, due dei tre agenti sono chiamati a rispondere di falso e calunnia. La prima accusa riguarda l’aver stilato un rapporto sull’accaduto considerato dagli inquirenti non attendibile. Secondo la versione dei poliziotti, infatti, il primo ad aggredire sarebbe stato Colopi e loro si sarebbero limitati a difendersi per contenerlo. La seconda , invece, fa riferiemento all’aver incolpato il detenuto di resistenza a pubblico ufficiale pur sapendolo innocente. La quarta persona coinvolta nell’inchiesta è un’infermiera (difesa dall’avvocato Denis Lovison). Quest’ultima, secondo la procura, avrebbe scritto nel registro delle consegne per i colleghi di aver trovato Colopi che sbatteva la testa contro la porta blindata della cella durante il normale giro di visite della mattina. Versione che avrebbe ribadito anche ai carabinieri. Accuse respinte al mittente dal legale della donna. "La mia assistita ha riportato quello che ha visto - chiarisce Lovison -. Dimostrerò la sua innocenza nelle sedi opportune. Ai poliziotti indagati va la mia solidarietà in quanto impegnati in un lavoro difficile, in tempi in cui è complicato distinguere il bene dal male". L’avvocato Remondi si è detto pronto a dimostrare “la totale estraneità ai fatti” dell’agente suo assistito mentre l’avvocato Bova ha affermato di poter provare "che sono i poliziotti a essere stati assaliti dal detenuto, peraltro già noto per episodi di danneggiamento e aggressioni in carcere". Tutti e quattro gli imputati compariranno il 9 luglio davanti al Giudice per l’udienza preliminare Danilo Russo per rispondere di un fatto che il sostituto procuratore Isabella Cavallari, nella sua richiesta di rinvio a giudizio, ha definito "un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona".