Tre anni di reclusione per la tentata estorsione che, volenti o nolenti, sta alla base dell’efferato omicidio che si è consumato il primo settembre dello scorso anno, al Big Town, costato la vita a Davide Buzzi, tatuatore di 43 anni. Con Buzzi quella maledetta sera c’era Lorenzo Piccinini, 22 anni. Insieme entrarono nel locale di via Bologna con una tanica di benzina a mo’ di minaccia: ’O paghi, o diamo fuoco al locale’. La richiesta di soldi era già stata fatta in precedenza a Vito Mauro Di Gaetano, titolare della chupiteria. Una sorta di ’pizzo’ che Buzzi aveva pretesto da Di Gaetano come ’risarcimento’ della morte del figlio della sua ex compagna, che proprio in quel locale, era la convinzione di Buzzi, aveva assunto la dose di droga che poi gli fu fatale. Una bruttissima vicenda di droga e violenza, che ieri ha visto la chiusura del primo capitolo o se vogliamo del prologo che ha portato all’omicidio del tatuatore. Piccinini (difesa Giampaolo Remondi) è stato condannato a tre anni di carcere per la tentata estorsione, il pm Barbara Cavallo aveva chiesto quattro di anni e 5 mesi. Il giudice dell’udienza preliminare Danilo Russo lo ha ritenuto colpevole, nonostante l’imputato anche dal letto dell’ospedale dove era finito dopo il delitto (Piccinini rimase ferito gravemente all’addome da una coltellata sferrata dal padre di Vito Mauro, Giuseppe Di Gaetano) si sia sempre ostinato a negare di essere a conoscenza della richiesta di denaro.
Lui, ha sempre riferito, sapeva soltanto di dover andare lì ’per picchiare’. In realtà dalle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo sono emerse due chat vocali nel telefonino di Buzzi, tra la vittima e Piccinini, che risalgono al pomeriggio di quel primo settembre, in cui Buzzi lo informava che dovevano andare al Big Town per i soldi o altrimenti lo avrebbe incendiato, e dall’altra parte la risposta di Piccinini che sarebbe apparso entusiasta di questa azione "mai vista a Ferrara...dal sapore esotico".
Il pagamento di tremila euro nelle intenzione di Buzzi, probabilmente, era inteso come un ’pizzo’ che Di Gaetano doveva pagare per continuare a stare aperto. Una situazione di esasperazione che aveva portato Vito Mauro a sporgere denuncia nei confronti di Buzzi. Denuncia che, purtroppo, non ha impedito il bagno di sangue che si è compiuto poche ore dopo quelle conversazioni deliranti in chat. L’assassinio brutale di Buzzi, colpito ripetutamente da Vito Mauro Di Gaetano quando era già esanime. Insieme al padre, il gestore del locale di via Bologna è a processo davanti alla Corte di assise di Ferrara, per omicidio volontario. Nel procedimento per tentata estorsione si erano costituti parte civile i Di Gaetano. "Sottolineiamo che ci siamo costituti parte civile – spiega l’avvocato Stefano Scafidi, che assiste Giuseppe Di Gaetano – non per recriminazione, ma per senso di giustizia e perché vicenda strettamente collegato alla morte del povero Davide Buzzi". Vito Mauro Di Gaetano è assistito dall’avvocato Michele Ciaccia.