A chiedere giustizia per il figlio è Michele Romagnoli, residente a Portomaggiore, e autista nella centrale operativa del 118 a Ravenna. Romagnoli, il gip ha disposto nuovi accertamenti. Se lo aspettava?
"Inizio ad essere soddisfatto: avevo perso le speranze, temevo non si andasse avanti. Mi auguro che venga fatta chiarezza su quanto accaduto. Se lo avessero seguito, visto e considerato che mio figlio aveva già tentato il suicidio, se non gli avessero ridato il fornellino, tutto ciò non sarebbe successo. Tentò di uccidersi qualche mese prima proprio con il fornellino, nonostante negò poi l’accaduto. Non avrebbero dovuto ridarglielo, oppure dovevano toglierlo una volta scaldati gli alimenti: è mancato il controllo. Speriamo che le cose vadano avanti per il verso giusto e che si faccia chiarezza. Fabio non lo abbiamo più purtroppo ma per i prossimi ragazzi che andranno in carcere, magari, le cose potrebbero essere fatte in modo diverso".
Chi era Fabio?
"Era un ragazzo normale: imparava tutto velocemente e aveva fatto anche il cuoco, oppure il falegname. Lavorava in un bagno a Lido di Spina: era molto apprezzato. Se non fosse stato così fragile, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa nella vita, era davvero imbattibile sul lavoro".
Come mai era finito in cella?
"Era stato denunciato per stalking da due donne ma è stato portato dentro per evasione. Era ai domiciliari per i reati citati ma, una sera, aveva bevuto più del dovuto e si era messo in auto, causando un tamponamento. Proprio dietro di lui c’era un’auto della polizia e finì in manette. L’episodio era accaduto a luglio 2022 e mio figlio si è tolto la vita a febbraio. Fabio era fragile, aveva bisogno di aiuto. Quando andava in crisi era come un fuscello: come lo toccavi si rompeva. Era seguito anche a casa a livello psicologico dai sanitari di Portomaggiore".
Vi eravate resi conto della sua sofferenza?
"Noi ci siamo resi conto che non stava in piedi: quando è venuto a processo, a Ferrara, le guardie lo tenevano su. Il legale aveva inviato una pec al carcere di Modena sottolineando come fosse necessario fare un controllo proprio poiché mio figlio era debolissimo, era dimagrito tanto. Lo psicologo, però, non ravvisò nulla di sospetto. Eppure aveva subito un tso per un tentativo di suicidio: successivamente si era presentato a Diagnosi e cura poiché temeva di arrivare ad uccidersi. Il giudice aveva disposto anche una perizia. Nella pec si richiedevano alcuni esami ma non hanno mai risposto".
Avrebbe potuto salvarsi?
"Se fosse stato seguito non sarebbe accaduto. Entrato in carcere, era stato ‘inserito’ tra i detenuti a rischio suicidario medio – basso ma solo per un mese e non credo che in un mese si possa ‘guarire’".
Quando lo aveva sentito l’ultima volta?
"Ci siamo sentiti il giovedì precedente: ci eravamo fatti tante promesse e progetti mai mi sarei aspettato una cosa del genere. Gli avevo detto di resistere: speriamo solo di dargli ora un po’ di giustizia".
Valentina Reggiani