FRANCESCO FRANCHELLA
Cronaca

Sturla, uno storico con la cinepresa

‘Un pioniere del cinema italiano nel ricordo dei figli’, Carlo Magri racconta come è nato il suo film

Sturla, uno storico con la cinepresa

di Francesco Franchella

Parigi, 28 dicembre 1895. In Boulevard des Capucines, un manifesto annuncia le prime proiezioni pubbliche di Auguste e Louis Lumière, conosciuti come i fratelli Lumière, tra i primi cineasti della storia. L’anno prima, nel luglio del 1894, nasce a Ferrara un altro pioniere del cinema: Antonio Sturla. Comincia così il film di Carlo Magri ‘Antonio Sturla, un pioniere del cinema italiano nel ricordo dei figli’: con una coincidenza carica di valore simbolico, che unisce la nascita del cinema a quella di un uomo, in realtà, di grande modestia.

"Il modesto Sturla – commenta Magri – si qualificava al massimo come un operatore, ma, a tutti gli effetti, era un regista" legato in maniera indissolubile a Ferrara, città che ha ripreso in tanti dei suoi momenti più significativi. "Era uno storico con la cinepresa". Attraverso un lavoro di quasi due anni, esteso a diversi paesi europei e recuperando immagini e video che nemmeno la famiglia Sturla possiede, Carlo Magri ha inserito nel film molti dei girati di Antonio Sturla, ottenendo, una testimonianza storica della stessa città che gli ha dato i natali: la voce narrante del film (che verrà proiettato il 27 aprile, alle 21, a Palazzo Roverella) è quella dei figli Paolo, Piero, Francesco e Cristina Sturla. Dopo aver lavorato a Roma per la casa cinematografica Cines (a soli 16 anni), nel 1912 Antonio Sturla torna a Ferrara, dove comincia la sua attività di cineoperatore, anche grazie al cinema Edison (situato dove ora si trova la Camera di Commercio): di quel periodo sono la comica ‘Sotto a chi tocca’, ma anche il primo vero film, tutto ferrarese, ‘Il baratro’. Quindi, dalla trincea della Grande guerra, si ritrova a riprendere la battaglia dell’Adamello, la presa di Gorizia e il viaggio del Milite Ignoto, da Aquileia a Firenze. In seguito, la Reale Società Geografica Italiana lo manda in India, fino alle pendici dell’Himalaya, dove incontra il Dalai Lama. Sempre in India, scatta una foto a Ghandi, che la famiglia Sturla conserva ancora. Durante il ventennio, diventa un punto di riferimento per il regime, che ne sfrutta le capacità. Gli va attribuita una parte del film su Balbo, ma curioso è il richiamo ufficiale che riceve quando, visto il gran caldo, fa alcune riprese a Roma con una camicia bianca, anziché nera. Nel secondo dopoguerra, Sturla diventa corrispondente di diversi cinegiornali e lavora con grandi nomi, molti dei quali lo riconoscono come un vero maestro: Vancini, Ragazzi, Sani, Rambaldi, Zavoli, Buzzati. Impressionante il numero di documentari (una sessantina) in cui è direttore della fotografia. Tra le tante testimonianze dei figli, spicca quella di Cristina, che parla della madre Mercedes: Sturla la inseriva nei film con lo pseudonimo M. Marosio, nella realizzazione dei testi e nelle scelte delle musiche. Commovente la testimonianza di un altro dei figli, Paolo Sturla, scomparso il 12 aprile scorso: quest’ultimo è stato anche cineoperatore, sulle orme del padre. "Sono riuscito a fargli vedere il film, ci teneva molto", conclude Magri. "Quando la sorella ha cominciato a raccontare, Paolo mi ha stretto il braccio: si è commosso".