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Spari in piazzetta Schiatti, parla la difesa "Porto d’armi a Cazzanti: non me lo spiego"

L’avvocato Anselmo, legale del 56enne accusato del tentato omicidio di Gregnanini, chiede la perizia psichiatrica: "Era in cura da anni"

di Cristina Rufini

FERRARA

Una perizia psichiatrica per capire le reali condizioni di Michele Cazzanti, il dipendente comunale di 56 anni, arrestato il 3 marzo scorso dopo avere sparato al collega Roberto Gregnanini, 60 anni, colpito all’addome da uno degli otto proiettili sparati da Cazzanti. E’ quanto chiede il suo legale di fiducia, l’avvocato Fabio Anselmo che lo ha incontrato in carcere.

"La situazione è complessa – spiega l’avvocato Anselmo – per questo ho deciso di chiedere la fissazione di un incidente probatorio perché il cliente sia sottoposto a perizia psichiatrica". Ieri, inoltre, lo stesso legale ha ricevuto il provvedimento di revoca del porto d’armi che era stato rilasciato a Cazzanti, a febbraio del 2021. "Mi è stato notificato l’atto – aggiunge il legale – e sinceramente mi sono chiesto subito come sia stato possibile avergli rilasciato il porto d’armi un anno fa. Siamo in presenza di una persona che ha seri problemi, che da anni era seguito da uno psichiatra. Sinceramente non mi capacito come sia stato possibile". Quanto ai motivi che l’hanno spinto a sparare quel giovedì mattina in piazza Schiatti, Anselmo, ovviamente, sta sul generico, sottolineando soltanto che Cazzanti "vedeva complotti da tutte le parti". Sarà quindi una perizia psichiatrica che dovrà essere disposta dal giudice per le indagini preliminari a stabilire le reali condizioni del cinquantaseienne, anche al momento in cui ha premuto il grilletto della sua Glock calibro 9.

Il video. Secondo quanto catturato da una telecamera della Polizia che si trovava in zona, Cazzanti arriva nei pressi di piazzetta Schiatti intorno alle 10.30 di quel giovedì di inizio marzo. Cammina avanti e indietro tra i portici vicini e la piazzetta dove si affaccia la porta di ingresso di una delle sedi dell’amministrazione comunale, quella dove lavora Gregnanini. Ma lui probabilmente non c’è e Cazzanti lo sta aspettando. Quando lo vede arrivare gli si avvicina. Prima però tira fuori dalla tasca l’arma. Quanto succede in quegli istanti è fuori dal raggio di azione della telecamera: accade in via Boccaleone. Ma lì si è consumata la lita seguita dagli spari. L’occhio della telecamera riprende poi Gregnanini che si sta tenendo con un braccio l’addome, barcolla, si appoggia a un’auto in sosta e poi si accascia a terra, proprio davanti alla porta di ingresso della sede comunale. Cazzanti sembra ricaricare la pistola e volersi avvicinare di nuovo a Gregnanini, ma l’arrivo dei primi soccorritori – sanitari e carabinieri – lo fa desistere. Prosegue quindi a camminare in direzione di via Ripagrande per poi dileguarsi nel nulla.

La fuga. Cazzanti alla guida della Fiat Punto intestata alla madre e con pistola e caricatori, si mette in viaggio verso nord, ma ormai gli investigatori hanno la sua targa e sanno dove si sta dirigendo. Viene fermato sul ponte tra Castelvetro e Cremona dalla squadra mobile della città lombarda: dentro l’auto ha ancora i due caricatori e alcuni proiettili sparsi. Viene portato in questura e sottoposto a fermo di polizia poi trasformato in arresato. L’unica spiegazione che darà è che si sentiva perseguitato e che Gregnanini probabilmente era la figura che più incarnava coloro che avevano ordito complotti contro di lui. Era a casa dal lavoro dal 15 febbraio, perché non essendosi vaccinato, non aveva il Green pass.