La Spal si ritrova alla vigilia di insidiose trasferte a Rimini e Campobasso con gli stessi punti della scorsa stagione dopo le prime sette giornate, ossia 7, solo stavolta ridotti a 4 dal noto pasticcio societario di primavera. Mister Dossena era sembrato trovare la strada giusta per farla correre con le due vittorie su Sestri Levante e Carpi, ma il suo progetto richiede più tempo. E’ naturale, ogni nuovo progetto richiede tempo. Peccato che per la Spal ce ne sia uno nuovo ogni anno, e che mai si riparta con un minimo di indispensabile stabilità. Il peccato originale è questo: non aver dato fiducia all’unico gruppo che mai abbia funzionato in tre anni e più di gestione Tacopina, quello dei Dalmonte e Zilli. Se mai si prova a costruire sul buono che c’è, i frutti sono la parte destra della classifica. Si è poi ben capito che la ragione più o oltre che tecnica era finanziaria. La serie C richiede tanti soldi a perdere ogni anno. Joe sta pagando negli anni anche i debiti dei Colombarini – che furono il prezzo d’acquisto della società – e il bilancio lo guarda. La Spal non solo non ne aveva per riscattare i due alfieri della salvezza, ma doveva anche liberarsi di molti contratti per poterne acquisire altri dall’imponibile più basso e consono alla categoria.
Casella ha dovuto fare quel che poteva più o prima di che quel che voleva. Se lo scorso anno il progetto Di Carlo partì incompleto nel centravanti e con grande folla ma gravi carenze nei portieri, ruoli non proprio marginali, a Dossena il black-out dell’ultima sera di mercato, facilmente di radici economiche, ha tolto un secondo 9 e un’ala mancina da piazzare a destra. Con Zilli e Piovanello, il gruppo sarebbe stato teoricamente coperto in ogni ruolo e fatto dei famosi giocatori di C giovani, da corsa e "affamati". Invece ci si è dovuti rivolgere a Bidaoui, che non è mancino, ha 34 anni e non vedeva il campo da 15 mesi, e al coetaneo El Kaddouri: giocatori di ottima qualità, ma da rimettere in pista dopo lunga inattività, quindi non da galoppo né pronti subito, e più facili a infortunarsi.
Fortuna che Antenucci è tornato highlander, così da coprire con 4 gol l’assenza di Karlsson. Ma l’esterno alto mancino tuttora manca. Non solo: dietro agli undici titolari non c’è tanto. Così sono bastati gli incidenti a El Kaddouri e Calapai e il difficile rientro dell’islandese a mettere in crisi alla vigilia di un trittico di gare in sei giorni. Benedetti quei tre punti alla prima delle tre col Carpi: chi ha storto il naso non ha capito cosa stava per arrivare. Contro la forte Entella, Dossena si è visto costretto a rimettere in campo più o meno i soliti noti, con i terzini a sobbarcarsi tutti i 270’ perché Polito e Ntenda non sembrano alternative plausibili. In panca al tecnico erano rimasti Buchel e Karlsson in cerca di condizione, Nador e Bassoli. Fine della corsa. In quattro anni la Spal di Tacopina ha sempre risentito del modesto livello dei rincalzi, quindi neanche questa è nuova. Accanto a queste contraddizioni, altri dettagli di competenza del tecnico e dei giocatori stanno minando l’avvio del ’progetto’, dalla curiosa esclusione di Bassoli, miglior centrale in rosa, al rendimento fin qui sotto le aspettative di perni quali Radrezza e Zammarini. Come si riparte? Per prima cosa, cercando di stare calmi: è solo l’inizio di stagione, anche se dopo anni così lo sfinimento è grande. Bisogna che Dossena sia intelligente nell’andare incontro ai suoi giocatori. Se lo ha detto e fatto Spalletti rivoltando il rendimento della Nazionale, ci può pensare anche l’allenatore della Spal. E’ vero, pur monco l’organico rimane fatto per il 4-3-3. Ma è doveroso adattarlo agli uomini a disposizione, sennò si va a sbattere come Don Chisciotte contro i mulini a vento. E per piacere, non si pensi a cambiare di nuovo mister alle prime contrarietà, piuttosto si mettano risorse su un giocatore. È ora che le esperienze passate inizino a insegnare.