Testa e cuore, nel calcio servono entrambi. La Spal che ha rimontato il Perugia, trasformando in vittoria morale quel risultato minimo che alla vigilia avrebbe fatto storcere il naso, per una volta ha portato a casa il punto facendo ricorso soprattutto all’animo. Non è accaduto spesso in stagione di poter elogiare grinta e determinazione: dunque il segnale va accolto con gioia, e vale il sacrificio del vitello grasso. Naturalmente, serviranno conferme, sennò sarà stato solo uno squillo illusorio.
L’argomento del giorno è però tattico. Se ne era già discusso ieri, a caldo. Non c’è modulo che garantisca gioco e vittorie, questo è chiaro: se la squadra è mal costruita, fatica comunque. Però ci sono formule che vestono meglio o meno peggio l’organico a disposizione, e nel caso di questa Spal non si tratta del 4-3-3. Il paradosso è stato l’assunzione di un tecnico noto per giocare col tridente senza dargliene uno. Gli infortuni hanno fatto il resto, e nemmeno è il caso di dilungarsi sulle ben note ragioni. In rapida successione: manca un 9 classico, manca un esterno di piede mancino, Bidaoui non è granché performante e non ha gamba per rientrare a coprire, e soprattutto, la Spal concede troppo tra centrocampo e difesa. Con il Perugia per puro caso non è stata punita: in qualche situazione sono stati bravi i difensori a recuperare all’indietro, in altri il Grifo ha sbagliato l’ultimo passaggio.
La riproposizione del 4-3-3 con le "novità" di El Kaddouri in regia e Bidaoui ala destra non ha funzionato, e ha fornito le medesime indicazioni per cui era stato abbandonato nel girone d’andata. In parità numerica la Spal ha calciato in porta una volta da lontano con Rao e fine, quindi non ha avuto più occasioni. E in difesa si è offerta alle ripartenze di cui sopra. Vero, il 3-5-2 abbassa il baricentro, questo è innegabile. Però regala più riferimenti e copre le spalle meglio, e senza certezze difensive una squadra si sbrindella e va alla deriva. Da Bassoli ad Arena e Bruscagin, i difensori non amano alzare troppo la linea per anticipare l’avversario lontano dalla porta: non è nelle loro corde. Così tendono a lasciare molto spazio tra l’ultima linea e un centrocampo che, quello sì, si alza per riconquistare palla e sfruttare il pressing degli attaccanti. Calapai e Mignanelli poi sono più quinti che quarti, e via dicendo.
Dossena era stato lodato per il pragmatismo mostrato nel ripiegare sul 3-5-2. Alla ripresa del campionato ha voluto ritentare a 4-3-3, ma non avendo a disposizione nuovi acquisti, ha ottenuto gli stessi responsi che lo avevano dissuaso in autunno, e nessun bonus. Anzi, rispetto ad allora la Spal ha un nemico in più: la classifica. Più passano le giornate in zona playout, più la paura impedisce di essere sciolti e propositivi. Ci si dovrà conquistare la salvezza passo dopo passo, lucrando anche sul punticino, quando è il caso. Intanto l’espulsione di El Kaddouri, la seconda in poche gare, ripropone con forza il problema del regista. Dossena ne ha alternati quattro: Radrezza, Buchel, il marocchino e Nador. Di quattro, si fatica a farne uno intero. El Kaddouri sarebbe il più qualitativo e il più tatticamente arguto. Ma cammina, e non correndo entra sull’avversario in ritardo e si fa cacciare. Buchel ci starebbe, ma gioca con troppa sufficienza, l’esclusione estiva gli ha tolto stimoli. Andrebbe ricaricato.
Radrezza sembra in uscita, Nador in quel ruolo è un po’ una toppa. A questo punto converrebbe puntare su uno e su quello soltanto, per dare al prescelto più certezza e motivazioni. Oppure cedere due dei quattro e tornare sul mercato, ma si è già capito che ad acquisti non tira vento di lusso. Già a Lucca, dove la partita sarà fondamentale e potenzialmente anche decisiva, sarà interessante vedere chi sceglierà Dossena, e quale modulo. Sia la Spal che il tecnico a Porta Elisa si giocano già tanto.