FEDERICO MALAVASI
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Cronaca

Ferrara, le vie del sesso: la prostituzione si sposta nelle case

La pandemia ha cambiato le dinamiche, solo una decina sul marciapiede. Il bilancio dell’attività dell’Unita di strada del Centro Donna Giustizia: "Più difficile contattarle al chiuso. Cala l’età media ma niente minorenni"

Prostituzione (foto d'archivio)

Ferrara, 12 marzo 2023 – Dal tetto di stelle del marciapiede a quello di cemento degli appartamenti. Costretta dagli anni di pandemia, anche la galassia del sesso a pagamento ha mutato regole e abitudini.

ùSia dal punto di vista dei numeri che da quello degli spazi. A fornire una panoramica del mondo della prostituzione è l’attività dell’Unità di strada, servizio del Centro donna e giustizia nell’ambito del progetto Luna Blu.

Si tratta di un gruppo di operatrici che, con cadenza settimanale, si occupa di contattare e assistere le ragazze che si prostituiscono nella nostra città. L’obiettivo è offrire servizi sociosanitari, consigli, aiuto per chi si trovasse in situazioni di sfruttamento e sostegno nei percorsi di autodeterminazione e tutela della salute. Il Cdg gestisce dal 2000 l’Unità di strada e dal 2007 le ha affiancato il progetto ‘Invisibile’, che segue chi esercita la prostituzione al chiuso (case o centri massaggi).

Il primo aspetto che balza all’occhio, nel confronto con il periodo pre pandemia, è il mutamento radicale dei luoghi del sesso a pagamento. Nell’arco di pochi anni si è infatti registrato un crollo verticale della prostituzione in strada.

Secondo i dati dell’Unità di strada, si è passati da una presenza media di 37 persone che si vendevano in strada ogni sera ad appena una decina. "Un calo significativo e sostanzialmente in linea con altre realtà italiane – spiega Valeria Ruggeri, coordinatrice del progetto –. Ovviamente, la scomparsa della prostituzione in strada non significa che le persone abbiano smesso di svolgere questa attività. Principalmente ora viene esercitata negli spazi chiusi".

Il passaggio dal marciapiede all’appartamento comporta qualche difficoltà in più per le operatrici. Per raggiungere le persone che lavorano al chiuso bisogna tenere monitorati i siti di incontri. "È difficile riuscire a contattarle tutte – prosegue Ruggeri –, ogni giorno vengono pubblicati dai 150 ai 200 annunci pubblicitari. Alcuni di essi sono dei ‘doppioni’, perché se l’annuncio scade va ripubblicato. Una mole di avvisi che rende difficile instaurare un contatto con tutte".

Ma chi sono le persone che vendono il proprio corpo a Ferrara? Anche riguardo a questo aspetto, la pandemia ha cambiato le carte in tavola.

In strada si trovano principalmente donne o transgender sudamericane (il 32% del totale) ed europee (il 29%, prevalentemente romene e qualche italiana). Seguono le prostitute provenienti dai Balcani (il 23%, quasi tutte albanesi), dall’Africa (il 9,4%, soprattutto nigeriane) e dalla Cina (il 5,3%). Sul marciapiede l’età media oscilla tra i 30 e i 60 anni.

Le vie della prostituzione vanno dalla zona stazione alle periferie. Si parla di via San Giacomo, piazzetta Castellina, via Darsena, via Modena, via Ferraresi, via Veneziani, via Bologna, via Wagner e via Beethoven.

Al chiuso la situazione cambia radicalmente, sopratutto dal punto di vista dell’età media. Tra le mura degli appartamenti o dei centri massaggi le ragazze che vendono il proprio corpo sono più giovani. La media scende, assestandosi sui 22 anni (ma non risultano esserci minorenni) . Anche come nazionalità le percentuali cambiano.

Le sudamericane restano le più numerose, seguite dalle cinesi. Un discorso a parte va fatto per la prostituzione nigeriana, quasi scomparsa dalla strada dopo il Covid. Un fenomeno per il quale sembrano esserci più spiegazioni.

"Da una parte – spiega la coordinatrice del progetto – hanno avuto un ruolo le modifiche dei decreti flussi, dall’altra molte ragazze hanno lasciato l’Italia. Stiamo cercando di capire se anche per loro ci sia stato uno spostamento al chiuso, anche se non le troviamo nei siti più frequentati".

Riguardo ai motivi che portano queste donne sulla via del sesso a pagamento è difficile dare una risposta univoca. "C’è chi lo fa per scelta, chi per costrizione e chi per circostanza – afferma Ruggeri –. In quest’ultima ‘categoria’ rientra un’ampia gamma di situazioni e la distinzione con lo sfruttamento può diventare molto sottile. A volte, infatti, alcune persone che si prostituiscono non si percepiscono come sfruttate. In questi anni di crisi incontriamo spesso donne straniere con basso livello di scolarizzazione che fanno fatica a inserirsi nel mondo del lavoro. Non trovando altre alternative, svolgono questa attività".

Ciò non significa, sia chiaro, che lo sfruttamento è scomparso. Ma anche quello ha cambiato volto, adattandosi ai tempi. "Le dinamiche sono le stesse, ma si è spostato molto sul digitale – illustra l’operatrice –. La prostituzione su strada non è più allettante per le organizzazioni criminali, mentre in rete ci sono più margini. Si tratta di un fenomeno mobile sul territorio, fatto di persone che rimangono in un luogo qualche giorno e poi cambiano. Questa mobilità comporta un apparato che la sostenga, con appartamenti dedicati, pubblicazione di annunci e altro. Per noi sono spazi difficili da raggiungere. Nel chiuso, si è quasi sempre nell’invisibilità".

Valeria Ruggeri conclude la sua panoramica su questo angolo di mondo della notte con un appello. "Il nostro centro è aperto e deve essere visto come uno spazio accogliente, anche per chi non riusciamo a raggiungere – scandisce –. Per quanto riguarda chi usufruisce delle prestazioni, vogliamo ricordare che anche nella prostituzione devono esserci rispetto e consenso. Abbiamo sempre e comunque a che fare con delle persone".