Il giorno più lungo dell’assessore Nicola Lodi si consuma in pochi minuti all’ultimo piano del palazzo di giustizia. L’esultanza dei fedelissimi davanti all’aula gup a seguito di un siparietto inscenato dalla parte lesa si schianta quasi subito contro il muro del verdetto del giudice. La sentenza di primo grado sul caso Cidas è un terremoto. Politico prima ancora che giudiziario. Condanna (in rito abbreviato) per le presunte pressioni sulla cooperativa finalizzate a spingere il presidente a prendere provvedimenti disciplinari nei confronti di un dipendente (la persona offesa Daniel Servelli). Due anni e dieci mesi di reclusione (stessa pena chiesta dal sostituto procuratore Ciro Alberto Savino), duemila euro di provvisionale per la parte civile, interdizione dai pubblici uffici per la stessa durata della pena (che scatterà qualora la sentenza dovesse diventare definitiva in questi termini) e incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno. Ma al di là delle statuizioni penali detentive e accessorie, la mazzata che si profila sul versante politico è, se possibile, ancora più gravosa per un assessore del peso di Lodi. L’ipotesi di reato – induzione indebita a dare o promettere utilità – prevede infatti l’applicazione della legge Severino in materia di corruzione e reati contro la pubblica amministrazione. A seguito della condanna, la normativa impone la sospensione immediata dalle cariche per 18 mesi. A brevissimo (giusto il tempo della burocrazia tra tribunale, prefettura e Comune) Lodi dovrà dunque lasciare il suo ufficio in municipio, aprendo così a nuovi scenari per l’amministrazione Fabbri che si troverà – giocoforza – a dover ridistribuire deleghe importanti e, verosimilmente, indicare un nuovo componente di giunta.
La giornata. Al di là dei futuri assetti che si giocheranno ai tavoli politici, rimane la cronaca della giornata decisiva di uno dei processi che più hanno riempito le pagine della recente cronaca giudiziaria. L’udienza è fissata per le 9. Le parti avevano già discusso e non erano previste repliche. Si attende solo il verdetto del giudice Andrea Migliorelli. Lodi arriva in tribunale pochi minuti prima delle 9. Ad accompagnarlo, oltre al suo avvocato Carlo Bergamasco, un gruppetto di fedelissimi. Nessun assessore stavolta, solo amici e compagni di partito (tra loro l’ex consigliere Stefano Solaroli, l’assessore di Copparo Fabio Felisatti e il capogruppo Massimiliano Guerzoni). La tensione è palpabile, tanto all’esterno quanto – si immagina – nel chiuso della camera di consiglio. Pochi minuti e la porta dell’aula si riapre. Esce per primo Servelli. Con una battuta induce nei presenti la convinzione di una sentenza di assoluzione. "Potete esultare" dice percorrendo il corridoio. Dal gruppetto di sostenitori di Lodi si alzano mani al cielo e voci di gioia. Ma basta una frazione di secondo per spegnere i sorrisi. Il volto dell’assessore, uscito pochi istanti dopo, è eloquente. Una doccia gelata. "Sentenza assurda – dichiara, provato ma fermo nell’affrontare il verdetto –. Come è assurdo che Servelli, anche in tribunale, continui a prendere in giro un avversario politico. Farò tutti i passi previsti, ma non finisce qui. Farò Appello".
Il caso. La vicenda al centro del processo risale al 2020 e ruota attorno alle presunte pressioni che Lodi, all’epoca vicesindaco, avrebbe compiuto su Daniele Bertarelli, presidente di Cidas oggi a giudizio in rito ordinario per gli stessi fatti, affinché quest’ultimo prendesse provvedimenti disciplinari nei confronti di Servelli, reo di aver scritto sui social frasi offensive contro l’assessore (diffamazione per cui il dipendente Cidas è stato condannato a una multa). A far esplodere il caso fu un esposto dell’ex consigliera Anna Ferraresi che, attraverso il suo legale Fabio Anselmo, depositò un esposto sull’accaduto facendo così aprire il procedimento arrivato ieri a un primo punto fermo giudiziario.