‘Lettera aperta’ al consiglio regionale, sindaci, giunta provincia di Ferrara. Maggioranza e opposizione, finita la stagione elettorale, lavorino assieme perché la sanità è fatta di vasi comunicanti, da Goro a Cento; quando una persona ha bisogno, presenta il codice fiscale, non tessere di partito.
La gestione può essere di “destra” o di “sinistra”, con poche differenze. Pesa la capacità del “sistema sanitario nazionale universalista” di limitarne la trasformazione, per cui gli aspetti sanitari sono secondari rispetto ai finanziari. La Regione Emilia-Romagna, in questi mesi, ha spostato con urgenza soldi per ridurre liste d’attesa. Cosa buona e giusta, ma tattica. La strategia, da anni, è depotenziare, per ragioni politiche e di bilancio: togliere soldi a territori e ospedali di periferia in tutta la regione per favorirne alcuni. L’ospedale del Delta di Lagosanto, riferimento anche del capoluogo, privo di sostegno politico trasversale e che dista 40 chilometri dai concorrenti di Ravenna, Ferrara, Adria e Porto Viro (Veneto), è predestinato al requiem. Dopo la riduzione estiva di letti, chirurgia e urologia, c’è l’ipotesi di limitare chirurgia ortopedica. Il Delta ha un bacino di 70/90mila persone, più quello estivo; Ortopedia dal 1° dicembre ha sette unità, compreso il primario, mentre a Cento sono dieci in un ospedale per 60mila persone. L’Ausl, dopo aver eliminato chirurgia oncologica e dirottato su Cona robotica di urologia, potrebbe fare “tagli di produzione” partendo da ortopedia perché sono finiti i soldi per gli straordinari sabato, domenica e festivi. Ridurre le attività settimanali per recuperare ore e coprire guardie, prima considerato straordinario, è una falsa soluzione perché il reparto - da anni - è sotto organico. Se l’Ausl non garantisce risorse per “pronta disponibilità”, paventando chiusure, mette in difficoltà la Direzione e pone interrogativi.
Spostare sul reparto la decisione di cessare l’attività è giuridicamente discutibile perché non compete loro. E getta un’ombra morale perché parrebbe che le attività si chiudano solo perché i medici non sono più pagati. Eventualità estranea allo stile di reparto per il rispetto dato a collaboratori e pazienti, e perché i medici continueranno con la consueta dedizione e tempo. L’Ausl dovrebbe assumere atti, proporli e concordare la decisione con la Conferenza Socio Sanitaria Territoriale e i sindaci, perché sono modifiche alla programmazione; altrimenti si nasconderebbe, dietro un risvolto contrattuale, l’errata valutazione delle risorse necessarie a garantire i servizi.
I problemi non si risolvono riducendo, ma entrando “nel merito e nelle competenze”. Le conseguenze sarebbero: nuove liste d’attesa, pazienti che vanno altrove; sanitari professionalmente mortificati; medici spinti ad altre sedi; aumento della mobilità passiva e costi extra regionali. Limitando i budget, si chiudono servizi, parte una guerra tra “poveri di sanità” e si aumenta il rassegnato distacco dalle istituzioni.
* Comitato
Diritti Violati - Ferrara