FRANCESCO FRANCHELLA;
Cronaca

Riflettori accesi sul matrimonio ebraico

Al Meis oggi apre al pubblico "Mazal tov", la mostra nata per raccontare uno dei riti più antichi e affascinanti. Il viaggio in anteprima

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di Francesco Franchella

FERRARA

Se si dovesse scegliere una parola per descrivere questo periodo storico, sarebbe "ritorno". Ritorno alla vita, ritorno alla convivenza. Ritorno a quella socialità andata perduta tra le pieghe del virus. È con questo spirito che il Meis ha deciso di inaugurare la mostra "Mazal tov! Il matrimonio ebraico": per riportare all’ordine del giorno uno di quei momenti di spensierata allegria, creando un’interessante commistione tra storia, tradizione e contemporaneità. Il tutto unito all’arte. L’esposizione apre al pubblico oggi e sarà visitabile fino al 5 settembre (dalle 10 alle 18). "Volevamo una mostra che fosse fresca, interessante, intrigante e, al contempo, leggera - dice Amedeo Spagnoletto, direttore del Meis nonché curatore della mostra insieme a Sharon Reichel – è la modalità più conveniente per aprirsi alla città". E poi c’è la scelta del tema, il matrimonio: "matrimonio significa rivolgersi alle giovani generazioni, che spesso si trovano davanti all’incognita del metter su famiglia. Infatti questa non vuole essere una mostra del passato". Da quest’ultima affermazione prende le mosse il discorso del presidente del Meis, Dario Disegni: "il filo conduttore del Meis è narrare la storia degli ebrei, una storia italiana: questa mostra racconta i contenuti fondamentali del matrimonio ebraico. È ovvio – continua – guarda al passato, ma anche al presente e al futuro". Entrando quindi nel vivo dell’esposizione, gli allestimenti – ad opera dell’architetto Giulia Gallerani – racchiudono arte contemporanea, ma anche oggetti non artistici sia della tradizione che della modernità. Il tutto concentrato sul concetto di matrimonio per l’ebraismo, a partire dalle radici sacre. La mostra si apre infatti con due opere straordinarie: una Torah scritta su pergamena del XV secolo e un Talmud babilonese del 1519-20. Si passa poi a quello che concerne i preparativi del matrimonio ebraico: dalla fede nunziale a due contratti di matrimonio, detti "ketubbah", provenienti dalle Gallerie Estensi. Successivamente, gli sposi si ritrovano sotto un baldacchino, detto "Chuppah": nella mostra se ne trova una magnifica ricostruzione. Chuppah che viene anche richiamato dall’opera d’arte contemporanea di Emanuele Luzzati, "Il matrimonio". Ma si trovano esposte anche le opere di Florah Deborah, Sigalit Landau e Jenny Hassan. La mostra coinvolge anche uno studente della facoltà di Lettere di Ferrara, Giovanni Benini, che ha lavorato su un documento particolare: un album di dediche del drammaturgo Sabatino Lopez in onore delle nozze di suo fratello Corrado. All’interno si trovano pezzi rari della letteratura, poesie forse inedite di Carducci, altre poesie poco conosciute di Pascoli, ma anche scritti di Verga, di Eleonora Duse e, addirittura, un incipit della Tosca di Puccini. Si passa poi ai momenti conviviali, alle vetrine con inviti e approfondimenti sulla dote e infine alle fotografie e ai video che richiamano i momenti di festa finali. Insomma, la mostra è un continuo dialogo tra il formale e l’informale, tra la solennità sacrale e la gioia dell’unione: per ricordare come si viveva prima della pandemia, con la speranza di ritornare presto a quella dimensione.