di Federico Malavasi
Undici anni erano e undici rimangono. La corte di Cassazione chiude definitivamente la vicenda giudiziaria relativa alle rapine violente in abitazione commesse nell’estate del 2015 a Mesola, Coronella e Villanova di Denore. Norbert Feher (alias Igor il russo, il pluriomicida serbo condannato all’ergastolo per gli omicidi di Davide Fabbri e Valerio Verri, avvenuti nel 2017 tra Budrio e il Mezzano) dovrà pagare soltanto per i fatti di Mesola. Proprio come stabilito dalla corte d’Appello che, nel marzo del 2022, aveva dimezzato la pena inflitta in primo grado, assolvendo Igor dalle accuse relative ai colpi di Coronella e Villanova. La condanna è quindi scesa dai vent’anni stabiliti dal tribunale di Ferrara agli undici dei giudici bolognesi. Decisione quest’ultima passata in giudicato dopo il verdetto della Cassazione.
La sentenza d’Appello era stata oggetto di una doppia impugnazione. A portare il caso davanti alla Suprema corte furono infatti sia la procura generale che l’avvocato Gianluca Belluomini, difensore del serbo. Al centro dei ricorsi c’erano il mancato riconoscimento dell’imputato da parte di una delle vittime e la chiamata in correità di Ivan Pajdek e Patrick Ruszo, compagni di scorribande di Feher e poi arrestati per l’omicidio di Pier Luigi Tartari (Aguscello, settembre 2015). Secondo la procura, si sarebbe dato troppo peso al mancato riconoscimento da parte di una delle persone rapinate a Coronella, Cristina Bertelli, a fronte delle accuse mosse da Pajdek e Ruszo. Per quanto riguarda invece il colpo a casa di Alessandro Colombani a Villanova, sono state messe in evidenza tutte le risultanze istruttorie che incastrerebbero l’imputato, tra controlli del territorio e ricostruzioni dei compagni.
Pure la difesa di Feher ha puntato il dito sul mancato riconoscimento, ma allo scopo di demolire la credibilità dei complici anche riguardo all’aggressione ai danni di Emma Santi a Mesola. Belluomini si è poi soffermato sul diniego di ascoltare l’allora capo della squadra mobile Andrea Crucianelli relativamente alle modalità di individuazione fotografica degli allora sospettati, sempre al fine di mettere in dubbio l’attendibilità degli altri membri della banda.
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del pubblico ministero e rigettato quello dell’imputato, rendendo così definitiva la sentenza della corte d’Appello. Secondo gli ermellini, innanzi tutto, il primo giudice aveva "omesso di considerare elementi di prova esterni rispetto alle convergenti chiamate in correità, che smentivano la presenza di Feher" a Coronella. Inoltre, la carenza di informazioni riguardo alle modalità con cui si svolse il riconoscimento dell’imputato "non vale a sminuire la valenza del dato in sé". Passando al raid di Villanova, secondo la Cassazione Ruszo non poteva aver incolpato Feher perché aveva "escluso di aver partecipato all’azione e di essere a conoscenza di chi l’avesse commessa", mentre per quanto riguarda Pajdek, il fatto che fosse stato sorpreso insieme a Igor durane un controllo conferma "la frequentazione tra i due, ma nulla attesta in ordine al collegamento con la rapina". Per quel che concerne invece la partecipazione di Feher all’assalto a casa di Emma Santi, "la chiamata in correità risulta pienamente riscontrata", senza che siano elementi "in grado di incrinare il quadro probatorio". Cala così il sipario su otto anni di indagini e processi scaturiti da quell’estate di sangue.