PAOLO MICALIZZI
Cronaca

Quelle sceneggiature incompiute. Tributo a Vancini, genio del cinema

A 16 anni dalla morte del regista il 18 settembre del 2008 il ricordo attraverso i suoi capolavori. Non ebbe la possibilità di poter realizzare alcuni progetti di cui aveva già scritto anche la trama.

Il regista Florestano Vancini

Il regista Florestano Vancini

Sedici anni senza Florestano Vancini. La sua scomparsa è avvenuta il 18 settembre 2008 ed il regista, uno dei maestri del cinema italiano, non avendo cosi la possibilità di poter realizzare alcuni progetti di cui aveva già scritto anche la sceneggiatura. A rinnovarne la memoria ci sono i suoi film che ogni tanto grazie alla televisione riprendono a vivere, ma anche iniziative come quelle recenti di Ferrara relative a ‘Il delitto Matteotti’ (1973) che Vancini volle realizzare per rievocare la figura del deputato socialista ucciso dai fascisti nel contesto di un’analisi della crisi politica che si produsse in Italia dopo il discorso che lui fece il 30 maggio 1934 e che portò al suo rapimento ed assassinio. Un film politico che fa parte dell’impegno di Vancini a realizzare film che mettessero in primo piano questo aspetto e quello sociale. Un film politico è anche ‘La lunga notte del ‘43’ (1960), che segna il suo esordio nel lungometraggio, che gli è valso il Premio Opera Prima alla Mostra di Venezia. Un film molto noto, che ricostruisce l’eccidio al muretto del Castello Estense avvenuto la sera del 15 novembre 1943, ispirato ad un racconto di Giorgio Bassani. Ed ispirato ad un’opera letteraria è anche ’Amore amaro’ (1974), tratto da un racconto di Carlo Bernari ambientato a Roma nel periodo fascista ma che lui volle collocare nella “sua” Ferrara poiché ha sempre cercato di trovare, seppure attraverso personaggi di fantasia, una cifra realistica. A Ferrara, che lui aveva sempre nel cuore malgrado si sia dovuto trasferire a Roma a per fare il regista, Florestano Vancini ha realizzato altri film. Tratto dall’omonimo romanzo di Nerino Rossi è ’La neve nel bicchiere’ (1984), girato nel territorio di Argenta, protagonista una famiglia di contadini degli ultimi anni dell’Ottocento la cui storia, attraverso due generazioni ed intravedendo la terza , arriva alla fine degli anni Venti del Novecento con uno della famiglia che si trasferisce a Bologna per studiare. Una storia di braccianti, di lotte sociali e politiche che accomunava il regista all’autore del romanzo per una storia personale quasi identica per via dei loro padri, nati a poco distanza l’uno dell’altro nel territorio argentano di Campotto e Consandolo. Il Rinascimento ferrarese è poi al centro del film “E ridendo l’uccise”(2004), affresco ambientato alla Corte Estense che ricostruisce una congiura raccontata attraverso la figura del buffone di corte Moschino (uno straordinario Manlio Dovì). Una storia tratta dal testo teatrale “Baruffino buffone” (1991) da lui scritto insieme al ferrarese Massimo Felisatti, anche collaboratore alla sceneggiatura del film. Intenso è stato il rapporto di Florestano Vancini con Ferrara. Lo aveva già espresso in alcuni dei suoi trentasei documentari realizzati tra il 1949 ed il 1959. Tra essi ’La città di Messer Ludovico’ (1951), documentario andato perduto nel cui ricordo Vancini realizzò nel 1995 ’Ferrara’, opera di 27 minuti in cui rievoca episodi e figure della storia e dell’arte di Ferrara in una perfetta fusione tra Medioevo e Rinascimento. Ma anche ‘Amanti senza fortuna’ (1949) , sulla tragica vicenda d’amore di Ugo e Parisina, con il quale si approccia al cinema, realizzato insieme ad Adolfo Baruffi. La direzione della fotografia è di Antonio Sturla, il pioniere del cinema ferrarese con il quale Vancini diresse alcuni documentari ambientati nel Delta del Po, di cui ne evidenziava lo stato di miseria e di degrado: primo tra tutti ’Delta padano’ (1951).