
La scritta sul campanile ricorda l’arrivo degli alleati il 23 aprile a Cento
Ottant’anni. Una vita intera. Un respiro lungo come una generazione, ma breve come un istante quando si tratta di storia e di memoria. Molti non ci sono più ed è un tesoro che si sta perdendo ma a Cento c’è ancora una frase che resiste al vento e agli anni, scritta in cima al campanile di San Biagio: una testimonianza muta, eppure più viva che mai. Parole per tutti, per ricordare, per incidere per sempre quel momento così importante per Cento: “23-04-1945 giorno di San Giorgio. Le truppe alleate sono entrate in Cento”. E la memoria di chi ancora ricorda. "Chi fece quella scritta – dice Franco Grandi, appassionato e divulgatore – prima scalò il campanile per porre la bandiera italiana in cima ad esso". Una memoria che è impressa e che quindi non morirà mai, anche nel libro ‘Cento e il suo territorio, campanili, campane e campanari’ scritto da Berardo Balboni. "Durante i bombardamenti molti andavano a rifugiarsi sul campanile perché si riteneva che resistesse meglio alle deflagrazioni delle bombe – scrive –. Giorgio Tinti, quando ha suonato nel giorno della Liberazione sul campanile di San Biagio rimasto senza i finestroni, caduti a causa dei bombardamenti, indossava i pantaloni alla zuava e a causa di questo rimase impigliato alla stanga. Si considera un miracolato per non avere riportato conseguenze". Cento non ha dimenticato. E allora oggi non si celebra soltanto la Liberazione: si rinnova il patto con la memoria, con chi ha resistito, con chi ha sperato, con chi non c’è più ma ha lasciato un segno. Scritto in cima a San Biagio.
Laura Guerra